È legittimo attribuire un voto negativo in condotta ad una alunna per aver utilizzato espressioni ingiuriose anche al di fuori dell’orario scolastico e su un mezzo non ufficiale

I genitori di un alunna avevano impugnato il provvedimento con il quale era stato attribuito alla propria figlia il voto di condotta di 7/10, al termine dell’anno scolastico conclusivo del ciclo della scuola dell’obbligo.

Alla base di tale valutazione, ritenuta eccessivamente severa, vi sarebbero state presunte frasi offensive proferite dalla studentessa nei confronti di una compagna nella chat whatsapp della classe.

Il ricorso è stato affidato ad un’unica censura: l’eccesso di potere per irragionevolezza e contraddittorietà dell’amministrazione, posto che la presunta condotta offensiva era avvenuta in luogo esterno alla scuola e in orari diversi da quelli scolastici, senza che, pertanto, vi fosse un potere della scuola di effettuare verifiche in tal senso.

Era stata, inoltre, contestata la violazione del DM 5/2009 in ordine al procedimento seguito nonché all’assenza di adeguata istruttoria, considerando che la valutazione della condotta, a parere dei ricorrenti, non poteva essere ricollegata ad un unico episodio.

La questione è stata affidata alla Quarta Sezione del Tribunale di Napoli (sentenza n. 6508/2019) che ha innanzitutto osservato come il gravame fosse ai limiti dell’ammissibilità sotto il profilo dell’interesse a ricorrere.

Infatti, nonostante il voto in condotta non eccezionale (ma neppure insufficiente), l’alunna non aveva subito alcuna sanzione disciplinare né la decurtazione dei voti nelle altre materie ed era stata comunque licenziata con la votazione di 8, quindi pienamente sufficiente.

La mancata dimostrazione di una effettiva lesività dell’attribuzione di un voto in condotta comunque superiore alla sufficienza avrebbe dunque consentito al collegio giudicante di pronunciare declaratoria di carenza di interesse a ricorrere.

Tuttavia, in considerazione della giovane età della minore e della circostanza che, sia pure astrattamente, un voto in condotta nell’anno conclusivo della scuola dell’obbligo avrebbe potuto pregiudicare il suo interesse ad una corretta valutazione del proprio complessivo rendimento, oltre che della propria onorabilità, il Tribunale di Napoli ha deciso di esaminare comunque la vicenda.

Il giudizio di merito

Come anticipato, alla minore era stato attribuito un 7 in condotta per aver proferito frasi ingiuriose e offensive nei confronti di una compagna, all’interno della chat whatsapp del “gruppo classe”; circostanza quest’ultima non contestata.

Ebbene, come recentemente chiarito dalla giurisprudenza di merito, ” la graduazione dei voti di condotta risponde alla esigenza di rendere ciascun allievo consapevole delle conseguenze delle proprie azioni e delle eventuali sanzioni, nell’ottica della funzione di formazione globale che è riconosciuta alla istituzione scolastica” (T.A.R. Reggio Calabria 24 novembre 2017 n. 954).

Tanto sarebbe bastato per confermare il provvedimento adottato dalla scuola.

Ma vi è di più, perché quel 7 in condotta era altresì perfettamente in linea con quanto previsto dal PTOF (Piano Triennale dell’Offerta Formativa), vale a dire il documento fondamentale costitutivo dell’identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche.

Ebbene, secondo tale documento la votazione del 7 in comportamento è attribuita “a chi tiene un comportamento generalmente responsabile in classe e nelle attività extracurriculari, a chi stabilisce rapporti discretamente corretti e rispettosi con gli adulti e i coetanei, a chi si integra nel gruppo classe e collabora coi compagni, a chi mostra di saper fare uso corretto dei locali, delle attrezzature e del materiale didattico, e a chi partecipa con interesse ed impegno alla vita scolastica”.

Tale definizione – a detta del Tribunale partenopeo – coincideva perfettamente con il comportamento tenuto dalla minore.

Il voto attribuito, peraltro, pur facendo media con gli altri, non aveva inficiato la valutazione del voto di ammissione all’esame di terza media: infatti, se anche al comportamento dell’alunna fosse stata attribuita una valutazione superiore al 7, la media aritmetica sarebbe rimasta la stessa.

Che poi la condotta incriminata si fosse svolta al di fuori delle aule e dell’orario scolastico, poco importava: “seppure le offese siano state arrecate tramite WhatsApp, al di fuori dell’orario scolastico, non significa che le stesse non abbiano avuto degli effetti negativi sulla studentessa offesa e sulla complessiva armonia della classe”, ha affermato il collegio giudicante.

Non a caso l’art. 7 del D.P.R. 122/09 non circoscrive il comportamento al territorio (istituto scolastico) o all’orario, ma considera il complessivo atteggiamento dell’alunno e il suo porsi nell’ambito del percorso scolastico considerato a tutto tondo e, quindi, primariamente nei rapporti personali con gli insegnanti e i compagni.

“Questo è in linea con i compiti istituzionali dell’amministrazione scolastica, che sono quelli di contribuire alla crescita personale e culturale di chi la frequenta”.

Peraltro, la valutazione della condotta non è neppure soggetta ad uno specifico onere motivazionale.

Infatti, a differenza del voto sulle singole materie, “il voto di condotta esprime un giudizio che l’Autorità scolastica rende in ordine ad aspetti non solamente didattici, ma, prima ancora, essenzialmente formativi ed educativi dei ragazzi e, come tale, attiene ad una sfera educativa che rappresenta il punto di incontro tra l’azione di più agenzie educative (in primo luogo, la famiglia, ma anche la scuola stessa), le quali sono chiamate ad interagire quanto più possibile in maniera consapevole e coordinata”.

Se dunque, “il voto sulle materie è volto ad esprimere un giudizio didattico, ossia relativo al processo di apprendimento (e deve essere giustificato e sorretto da una motivazione riferibile all’avvenuta acquisizione delle nozioni previste dai programmi formativi), il voto in condotta, invece, esprime un giudizio più ampio, che investe sia la maturità personale complessiva della persona, sia la sua capacità di interazione con l’ambiente, nonché il grado di inserimento in quel sistema di valori che, sulla base della Carta Costituzionale, sono da considerarsi fondanti della società e del vivere civile” (Tar Campania, Napoli, questa Sezione, 29 giugno 2011 n. 3479; in termini, T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 07 ottobre 2009, n. 629).

In conclusione, il ricorso è stato respinto e confermato il provvedimento impugnato.

La redazione giuridica

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