Secondo il Tribunale lo specialista, accusato di aborto colposo, avrebbe omesso di attivare un immediato monitoraggio della donna e dei feti anche al fine di orientare in maniera ottimale le scelte successive

“Avrebbe dovuto operare un monitoraggio preventivo e prescrivere un controllo successivo alla realizzazione dell’intervento. L’assenza di dati esplicativi e conoscitivi sullo stato di salute di madre e feti è riconducibile essenzialmente alla sua condotta superficiale”. E’ quanto riportato nelle motivazioni della sentenza di condanna di un ginecologo in servizio nel 2011 presso l’ospedale di Scafati. Il camice bianco era finito a giudizio con l’accusa di aborto colposo, in seguito alla morte di una 25enne deceduta presso il nosocomio del salernitano insieme ai due bimbi che portava in grembo.

Come ricostruisce SalernoToday la donna, prima del suo arrivo in ospedale, era stata visitata dal ginecologo di fiducia per un ascesso alla coscia destra. Il dottore le avrebbe prescritto una pomata con impacco di camomilla anziché una terapia antibiotica. Ma, le successive indagini hanno escluso qualsiasi responsabilità del camice bianco in quanto questi non avrebbe avuto l’obbligo di prescrivere terapie “invasive” con altri farmaci. 

La paziente, all’aumentare del dolore, si era recata dopo due giorni in ospedale, a Scafati. Qui, visto il suo stato di gravidanza, fu visitata da un ginecologo, che secondo le accuse valutò quell’ascesso come un problema da risolvere in sala operatoria, dando l’ok  per l’intervento chirurgico con incisione e successivo drenaggio. Il tutto, però, senza svolgere dei controlli di tipo ginecologico sulla paziente e in particolare – riporta SalernoToday – omettendo di controllare lo stato di salute dei due bimbi che la donna portava in grembo, attraverso un’ecografia o con altri esami.

La gestante, dopo poche ore, venne colta da shock settico. Il taglio cesareo che le fu praticato risultò inutile. Il ginecologo, come spiega il Giudice nella sentenza, “una volta che le condizioni della paziente si aggravarono avrebbe dovuto – tassativamente – disporre, in presenza di un arresto cardiaco, l’estrazione dei feti”. Un’operazione – riferisce SalernoToday – che si sarebbe dovuta effettuare invece già nella shock room. Invece la donna venne portata in sala operatoria, ormai priva di vita.

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