Il principio di affidamento trova un temperamento nell’opposto principio secondo il quale l’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui purché questo rientri nel limite della prevedibilità

Condannato per il reato di omicidio colposo aggravato, impugnava la decisione della corte d’appello di Torino dinanzi ai giudici della Suprema Corte di Cassazione.
L’imputato era chiamato a rispondere del decesso di un motociclista investito dalla sua autovettura, per negligenza e imprudenza, nonché per colpa specifica, consistita nella violazione dell’art. 154 C.d.S., commi 1, 2 e 3
L’impatto si era verificato mentre questi stava effettuando, repentinamente e senza utilizzare l’indicatore di direzione, una manovra di svolta a destra, entrando così in collisione con il ciclomotore condotto dalla vittima che procedeva nel medesimo senso di marcia e che, a seguito dell’urto, cadeva a terra procurandosi un trauma cranico con esito letale.
L’imputato, con una memoria scritta, aveva dichiarato di non essersi accorto del ciclomotore e di non averlo superato, avendo udito soltanto un rumore sordo.
Il motociclo – a sua detta – aveva urtato l’auto prima che questa fosse impegnata nella manovra di svolta. Il punto d’impatto, inoltre, si era collocato all’interno del cono d’ombra, tale da non essere visibile neppure utilizzando lo specchietto retrovisore.
Tale ricostruzione, era, stata tuttavia smentita dall’apporto dichiarativo di un testimone oculare, nonché dalle conclusioni dei due consulenti tecnici.
La decisione della corte d’appello era perciò, coerente e immune da vizi oltre che conforme alla giurisprudenza di legittimità in materia di affidamento con riferimento all’ambito della circolazione stradale.

Il principio di affidamento in materia di circolazione stradale

In tema di reati commessi con violazione di norme sulla circolazione stradale, il principio di affidamento trova un temperamento nell’opposto principio secondo il quale l’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui purché questo rientri nel limite della prevedibilità.
Tale principio che costituisce applicazione di quello del rischio consentito – è inteso ad evitare “… l’effetto paralizzante di dover agire prospettandosi tutte le altrui possibili trascuratezze” e viene meno “… allorchè l’agente sia gravato da un obbligo di controllo o sorveglianza nei confronti di terzi; o, quando, in relazione a particolari contingenze concrete, sia possibile prevedere…… che altri non si atterrà alle regole cautelari che disciplinano la sua attività” (cfr., in motivazione, sez. 4 n. 25552 del 27/04/2017, Luciano).
Peraltro, come rilevabile dall’analisi della giurisprudenza, esiste, con riferimento all’ambito della circolazione stradale, una tendenza a escludere o limitare al massimo la possibilità di fare affidamento sull’altrui correttezza, tale condivisibile orientamento più rigorista essendo giustificato, nella materia de qua, dalla circostanza che il contesto della circolazione stradale è meno definito rispetto, per esempio, a quello di equipe proprio della responsabilità derivante dall’esercizio delle professioni sanitarie, ma anche dal rilievo che alcune norme del Codice della Strada sembrano estendere al massimo l’obbligo di attenzione e prudenza, sino a ricomprendervi il dovere dell’agente di prospettarsi le altrui condotte irregolari.
Alla declaratoria di inammissibilità ha fatto seguito la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La redazione giuridica

 
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