La Corte di Cassazione con la sentenza n. 30826 depositata il 28 novembre 2018 è intervenuta in tema di requisiti per l’ affidamento esclusivo dei figli nati fuori dal matrimonio

La Corte territoriale di Milano con decreto pronunciato nel corso di un giudizio promosso dal padre di una minore nei confronti della sua ex compagna e madre della bambina, teso ad ottenere il regolare esercizio della potestà genitoriale, confermava l’ affidamento esclusivo della minore alla madre e sospendeva i rapporti tra padre e figlia.

Il padre ricorre per cassazione, avverso tale pronuncia, denunciando il fatto che con il provvedimento impugnato sia stato vietato il diritto alla bigenitorialità della minore e ad avere un rapporto equilibrato con entrambi i genitori.

L’orientamento della Cassazione.

Sul delicatissimo problema dell’affidamento dei figli nati al di fuori del matrimonio, gli Ermellini hanno avuto modo di affermare che la regola dell’affidamento condiviso può essere derogata solo se la sua applicazione risulti pregiudizievole per l’interesse del minore.

La Cassazione ha precisato che ai fini dell’affidamento esclusivo non è sufficiente la mera considerazione della distanza oggettiva esistente tra i luoghi di residenza dei genitori, che può incidere esclusivamente sulla disciplina dei tempi e delle modalità della presenza del minore presso ciascuno di essi, o della conflittualità che caratterizza i rapporti tra gli stessi, ma occorre una specifica motivazione che tenga conto in positivo della capacità educativa del genitore affidatario ed in negativo dell’inidoneità o delle manifeste carenze dell’altro genitore (cfr. Cass., n. 977/2017; n. 26587/2009; 16593/2008; n. 24526/2010).

Secondo la Cassazione, la realizzazione della c.d. bigenitorialità, intesa quale presenza comune di entrambe le figure parentali nella vita del figlio e cooperazione delle stesse nell’adempimento dei doveri di assistenza educazione ed istruzione, non implica necessariamente una determinazione paritetica del tempo che i genitori devono trascorrere con il minore, essendo sufficiente la previsione di modalità di frequentazione tali da garantire il mantenimento di una stabile consuetudine di vita e di salde relazioni affettive con il genitore.

La Suprema Corte, osserva che la corte territoriale nel caso de quo, ha espresso le sue motivazioni nel senso sopra esposto, confermando la statuizione del Tribunale per i minorenni di affidamento esclusivo della minore alla madre, con sospensione, allo stato, dei rapporti della minore con il padre, in virtù del manifestato rifiuto da parte della medesima, che necessita ancora “di uno spazio di rielaborazione dei vissuti interiori rispetto alla figura paterna” da attuare attraverso il supporto psicologico offerto dal Servizio sociale incaricato.

Nel caso in esame osserva la Cassazione che il ricorrente, con la denuncia del vizio di violazione di legge del decreto impugnato, oltre alla prospettazione di questioni di mero fatto che non sono censurabili in questa sede, non essendo consentito trasformare il giudizio di legittimità in terzo grado di merito, nel quale ridiscutere sia i fatti storici che le valutazioni di quei fatti espresse dal giudice del reclamo al fine di ottenere la sostituzione con altre più consone alle proprie aspettative, lamenta essenzialmente la conferma del provvedimento del Tribunale di sospensione del diritto di visita della minore con il padre, ma non si duole direttamente dell’affidamento in via esclusiva alla madre.

Inoltre, gli Ermellini non ritengono pertinente il richiamo a quanto affermato dalla stessa Cassazione nella sentenza n. 6919 del 2016, considerato che la ratio decidendi della sentenza impugnata prescinde dal giudizio astratto sulla validità o invalidità scientifica della c.d. sindrome di alienazione parentale e che, nel precedente invocato, la Cassazione ha accolto il ricorso, rilevando una acritica adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio.

Emerge, inoltre, dalla decisione della Corte d’Appello un giudizio critico sul comportamento dei genitori e sulla loro incapacità di elaborare un processo di superamento della conflittualità interna, al fine di instaurare tra di loro responsabili relazioni, nel solo interesse della minore ad una crescita equilibrata ed a un rapporto sereno con entrambe le figure genitoriali.

La Corte di Cassazione ha pertanto rigettato il ricorso.

Avv. Maria Teresa De Luca

 

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