La risoluzione del contratto per inidoneità (Aliud pro alio) non esclude la risarcibilità del danno subito per l’inutilizzabilità di un bene di prima necessità che incida sul godimento di diritti fondamentali.

È noto che per aliud pro alio, nella compravendita, si intende la completa differenza, in concreto tra il bene effettivamente venduto e quello oggetto di pattuizione, tanto in quanto appartenente ad un genere diverso ovvero funzionalmente del tutto inidoneo ad assolvere la destinazione economico-sociale della res venduta.

La differenza fondamentale risiede nella inidoneità del bene a fornire l’utilità richiesta oppure quando lo stesso manchi delle qualità minimali necessarie per un suo qualunque utile impiego, nell’ambito di quelli ad essa propri; è infatti possibile distinguere – in base alla giurisprudenza – la consegna di cosa diversa rispetto alla c.d. mancanza di qualità, ricorrendo la ipotesi di cosa radicalmente diversa (aliud pro alio) e non di cosa viziata o mancante delle qualità promesse quando il bene sia totalmente difforme da quello dovuto e tale diversità sia di importanza fondamentale e determinante nella economia del contratto.

Tale situazione può verificarsi sia quando la cosa si presenti priva delle caratteristiche funzionali necessarie a soddisfare i bisogni dell’acquirente, sia quando la cosa appartenga ad un genere del tutto diverso.

Una materia in cui si verificano spesso problemi di questo genere, con applicazione del principio dell’aliud pro alio, è senza dubbio la compravendita di autoveicoli.

In questo ambito si inserisce la sentenza in commento n. 10045/2018 della Cassazione, che configura la fattispecie per applicarla anche quando la cosa venduta, nello specifico una autovettura, è assolutamente priva delle caratteristiche funzionali necessarie a soddisfare i bisogni dell’acquirente, o abbia difetti che la rendano inservibile.

In tale ultimo caso, è necessario che la particolare utilizzazione della cosa sia stata espressamente contemplata, da entrambe le parti, nella negoziazione. Sul punto, si evidenzia come spetti al compratore l’azione generale di risoluzione contrattuale per inadempimento, con conseguente rilevanza della colpa ai fini del giudizio di inadempimento.

La fattispecie sussiste  quando, l’autoveicolo non possa assolvere alla funzione economico-sociale sua propria della circolazione sulle pubbliche vie a causa del difetto di requisiti amministrativi o strutturali di cui per legge debba essere dotato.

Venendo alla sentenza in commento si integra la fattispecie, qualora l’oggetto della compravendita  si riveli funzionalmente e definitivamente inidonea ad assolvere alla destinazione economico-sociale propria e, quindi, a soddisfare le esigenze che determinarono il compratore stesso all’acquisto.

Essa ricorre, allorché, la cosa consegnata sia totalmente diversa da quella contrattata, appartenendo ad un genere del tutto diverso.

Come appare evidente, non si tratta di semplici vizi o di mancanza delle qualità promesse, per cui si applica la disciplina prevista dall’art. 130 del codice del consumo (tutela dei consumatori) o quella ex artt. 1490 c.c. e ss.

La diversità, il cui significato è da intendere in maniera più ampia di quello letterale, incide sulla natura, sull’individualità, sulla consistenza e sulla destinazione del bene, al punto da farlo difettare delle qualità necessarie ad assolvere alla sua naturale funzione economico-sociale.

In altri termini, l’ipotesi legislativa è integrata pure quando la res, sebbene non appartenente ad un  genus  del tutto difforme, è priva delle proprie caratteristiche, al punto da essere oggettivamente inservibile o comunque non utile all’acquirente siccome pattuito e ricorre quando la diversità tra la cosa venduta e quella consegnata incide sulla natura e, quindi, sull’individualità, consistenza e destinazione della stessa, o quando la cosa consegnata presenti difetti che le impediscono di assolvere alla sua funzione naturale o a quella concreta assunta come essenziale dalle parti (c.d. inidoneità ad assolvere la funzione economico-sociale), facendola degradare in una sottospecie del tutto diversa da quella dedotta in contratto».

Nel riformare la pronuncia della corte territoriale di merito infatti, si individuano due cardini di fatto – la specifica contrattazione anteriore alla conclusione del contratto, e la successiva segnalazione di un difetto specifico, rimasta inevasa.

Si tratta di una sorta di personalizzazione in cui la Corte afferma, nel cassare con rinvio la sentenza oggetto di impugnazione che la condizione personale di uno dei contraenti non può essere irrilevante, quando la stessa sia stata uno dei motivi che hanno portato alla conclusione del contratto per quello specifico tipo di veicolo.

Il richiamato profilo incide in maniera rilevante, secondo la pronuncia in commento, sulla determinazione dell’utilità residua e del conseguente risarcimento del danno, profilo sul quale la corte territoriale ha omesso la pronuncia, avendo considerato assorbente la declaratoria di risoluzione del contratto.

Quindi l’acquirente è legittimato ad agire ex art. 1453 c.c., e l’azione, quindi, non soggiace ai termini di decadenza e prescrizione di cui all’art. 1495 c.c., applicabili solo nelle ipotesi di garanzia ex artt. 1490, 1494 e 1497 del codice civile, né tanto meno a quelli previsti dal codice del consumo all’art. 132 e il diritto al risarcimento si prescrive nel termine di 10 anni dal momento in cui si è verificato l’inadempimento.

Per completezza di ragionamento pare giusto richiamare l’art. 1453 c.c.: Nei contratti a prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l’altro può a sua scelta chiedere l’adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno. 

La risoluzione può essere domandata anche quando il giudizio è stato promosso per ottenere l’adempimento; ma non può più chiedersi l’adempimento quando è stata domandata la risoluzione. Dalla data della domanda di risoluzione l’inadempiente non può più adempiere la propria obbligazione. 

In questo senso i giudici di Piazza Cavour, nella sentenza oggetto delle presenti righe, hanno dato specifica e fondamentale rilevanza ad una serie di elementi tanto di fatto che processuali.

Nel futuro giudizio di rinvio la stessa Corte di Appello di Roma dovrà sulla base del principio di diritto affermato dalla sentenza in commento, provvedere a determinare il quantum del danno subito dal contraente privato, non essendosi l’originaria sentenza collegiale pronunciata sullo specifico punto, nonostante le domande fossero state ritualmente riproposte nell’atto di appello.

A parere di chi scrive la valutazione del danno risarcibile nel caso di specie non potrà prescindere dalla considerazione della specificità del contraente privato, e del fatto che trattandosi di persona con disabilità la mobilità dello stesso è vincolata all’uso di quella specifica auto, modificata secondo le prescrizioni, anche di ordine medico; non sarà possibile non tenere conto che un’ auto personalizzata e funzionante – per le persone con disabilità – rappresenta un bene di prima necessità che si ricollega alla fruizione del diritto fondamentale alla mobilità, riconosciuto e tutelato tanto a livello nazionale che internazionale.

 Leggi  la sentenza

Avv. Silvia Assennato

Foro di Roma

 

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