La Fondazione Gimbe ha raccolto in un position statement una analisi dettagliata sulle alternative alle cure ospedaliere contro il sovraffollamento

Se pensate che i nosocomi siano sempre il posto migliore in cui curarsi probabilmente vi sbagliate: a dirlo è il Gimbe che ha presentato un’analisi delle alternative alle cure ospedaliere in un position statement.

In questo documento, il Gimbe espone “le migliori evidenze scientifiche sulle alternative per gestire malattie acute a basso rischio fuori dall’ospedale in maniera efficace, sicura e a costi minori”.

Negli ultimi tempi l’epidemia influenzale che ha messo in crisi gli ospedali ha messo in luce il problema.

Una situazione evidente in particolare nelle regioni del Centro-Sud. Qui la mancanza di un’adeguata rete di servizi sul territorio e una cultura centrata sull’ospedale portano molti cittadini a recarsi in ospedale anche per condizioni acute non gravi.

Una circostanza che aumenta “il numero di accessi inappropriati”. Fatto che contribuisce “al collasso dei pronto soccorso, come sta accadendo proprio in questi giorni in occasione del picco dell’epidemia influenzale”.

Ma sarebbe un errore dare tutta la colpa ai cittadini per la mancata conoscenza delle alternative alle cure ospedaliere.

Secondo Nino Cartabellotta, presidente Gimbe, “per migliorare l’appropriatezza organizzativa, il paziente deve essere assistito ‘nel posto giusto’ per risolvere in maniera efficace e sicura i suoi problemi di salute”.

Ma, al tempo stesso, “il sistema sanitario deve investire la ‘giusta’ quantità di risorse economiche”.

“Oggi numerose patologie acute a basso rischio continuano a essere gestite in ospedale – denuncia Cartabellotta – a dispetto dei progressi in campo biotecnologico e di modelli innovativi di erogazione dell’assistenza che stanno modificando i percorsi diagnostico-terapeutici”.

È però anche vero che la letteratura sulle strategie alternative all’ospedalizzazione è molto frammentata. Inoltre, gli studi si limitano a singole patologie.

Per questo, il Gimbe ha “analizzato tutte le revisioni sistematiche rilevanti per fornire a decisori, professionisti e pazienti una mappa aggiornata delle evidenze scientifiche”.

Secondo le evidenze sintetizzate nel Position Statement Gimbe, per varie patologie acute a basso rischio convenzionalmente trattate in ospedale, l’assistenza può essere erogata diversamente.

Vale a dire “in maniera altrettanto efficace e sicura in setting meno costosi, con un impatto favorevole, o invariato, sulla soddisfazione dei pazienti”.

In relazione alle alternative alla cure ospedaliere il Gimbe evidenzia alcuni punti cardine.

In primis, la gestione ambulatoriale, non presenta differenze significative.

Secondariamente, per le unità di diagnosi rapida,  evidenze dimostrano una riduzione della mortalità. Così come un’elevata soddisfazione dei pazienti.

Quanto all’ospedale a domicilio, in cui l’assistenza ospedaliera viene erogata a livello domiciliare, numerose condizioni acute presentano mortalità, morbilità e soddisfazione di pazienti e caregiver migliori o uguali.

Questione costi. I dati relativi sono eterogenei. Eppure, quando valutati, hanno rilevato un risparmio nella quasi totalità dei casi. Per lo meno per tutte le strategie alternative al ricovero ospedaliero.

“Auspichiamo – ha concluso il presidente Gimbe – che le politiche sanitarie tengano in considerazione le raccomandazioni del Position Statement Gimbe”.

Una strada che andrebbe seguita sia per “l’aggiornamento periodico degli elenchi dei Drg inappropriati in regime di ricovero ordinario, sia per guidare la riorganizzazione dei servizi sanitari regionali”.

Ma anche, conclude Cartabellotta, “per avviare studi finalizzati a monitorare efficacia e sicurezza delle strategie alternative al ricovero nelle patologie dove mancano robuste evidenze”.

 

 

 

 

 

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