Istruzioni della Banca d’Italia necessarie per dare attuazione all’articolo 644 c.p.

Ancora una sentenza favorevole alle banche è quella del Tribunale di Treviso, n. 2073 depositata il 9 agosto 2016, dott.ssa Elena Rossi, in tema di anatocismo e interessi usurari.

La pronuncia appare particolarmente interessante laddove si sofferma sull’onere della prova e rileva che incombeva agli attori dimettere il contratto di apertura del conto corrente al fine di dimostrare che nella fase iniziale di vita del rapporto erano stati addebitati interessi passivi anatocistici (il conto era stato aperto nel nel 1994, il contratto non prevedeva pattuizioni e non è stato depositato in giudizio dalla banca).

Questi i fatti.

Gli attori lamentano che la Banca convenuta abbia operato illegittimamente la capitalizzazione trimestrale degli interessi, abbia applicato interessi superiori alla misura legale, abbia illegittimamente addebitato somme a titolo di commissione di massimo scoperto e abbia applicato interessi usurari e chiedono, pertanto, la determinazione del saldo finale del conto corrente n.  e la condanna dell’Istituto alla restituzione delle somme indebitamente corrisposte e al risarcimento dei danni subiti.

La Banca convenuta si è costituita eccependo la nullità della citazione, l’inammissibilità dell’azione di ripetizione essendo il conto aperto alla data della notifica dell’atto di citazione, la mancata contestazione degli estratti conto, l’irripetibilità dei pagamenti avvenuti in adempimento di un’obbligazione da considerarsi naturale ex articolo 2034 c.c., e l’insussistenza delle dedotte violazioni.

Ebbene,  secondo il Tribunale incombe sul correntista l’onere di provare attraverso la produzione degli estratti conto relativi a tutto il periodo contrattuale e del contratto di conto corrente i fatti posti a corredo della domanda, mentre  nel caso de quo sono stati prodotti dagli attori solo estratti conto completi dal 2004 in poi e non dall’inizio del rapporto. Tale comportamento viola quanto disposto dall’art. 2967 c.c., ai sensi del quale incombe sul correntista l’onere di provare attraverso la produzione degli estratti di conto corrente relativi a tutto il periodo contrattuale e del contratto di conto corrente, i fatti posti a corredo della domanda: cioè vale a dire che il correntista deve dimostrare l’esistenza di specifiche poste passive del conto corrente oggetto di causa rispetto alle quali l’applicazione degli interessi anatocistici e/o usurari, nonché di commissioni e spese asseritamente non pattuite, avrebbe determinalo esborsi maggiori rispetto a quelli dovuti.

Sempre secondo il Tribunale di Treviso, l’ordine di esibizione è inammissibile non avendo gli attori provato di avere avanzato, prima del giudizio, richiesta alla banca, ai sensi dell’art. 119 TUB, di acquisizione della documentazione contabile e di non aver ricevuto riscontro o di avere avuto un diniego alla detta richiesta.

Il Giudice osserva che gli attori non hanno in alcun modo contestato che la banca abbia adeguato il rapporto di conto corrente alle disposizioni di cui al secondo comma dell’articolo 120 TUB e alla delibera CICR del 9 febbraio 2000, prevedendo una pari periodicità ricapitalizzazione degli interessi creditori e debitori, con la conseguenza che a partire dal 1° luglio 2000 la prassi anatocistica eventualmente adottata dalla convenuta deve essere considerata legittima.

Tra l’altro, come rilevato dalla convenuta e non contestato dagli attori, dal luglio 2004 all’aprile 2007 il conto corrente ha operato in attivo senza, quindi, generare competenze passive.

Inoltre, nel contratto di conto corrente de quo è prevista la pari periodicità di capitalizzazione degli interessi, oltre l’espressa pattuizione di commissioni, spese, interessi ultralegali e valute.

Il Tribunale di Treviso ritiene infondata la doglianza di parte attrice in punto di usura; osserva, infatti, il Giudice che nella perizia tecnica depositata dagli attori, redatta peraltro senza il preventivo esame del contratto di conto corrente, per la determinazione del TEG applicato dalla Banca sul rapporto oggetto di esame, il perito ha utilizzato una formula diversa rispetto a quella contenuta nelle Istruzioni della Banca d’Italia.

Ma per il Tribunale le “istruzioni emanate dalla Banca d’Italia ai sensi dell’art.2, comma 1, della legge n.108/96 oltre a rispondere all’esigenza logica e metodologica di avere a disposizione dati omogenei al fine di poterli raffrontare, hanno anche natura di norme tecniche autorizzate dalla normativa primaria e sono necessarie per dare uniforme attuazione al disposto della norma primaria di cui all’articolo 644 c.p..

Infatti la questione del computo nel TEG delle commissioni, remunerazioni e spese, collegate all’erogazione del credito, richiede necessariamente l’esercizio di discrezionalità tecnica per la definizione della relativa formula matematica e a tal fine la scelta operata dalla Banca d’Italia appare congrua e ragionevole nell’ambito di tale discrezionalità”.

Quindi, per il Tribunale di Treviso non sussistono motivi, per disattendere tali Istruzioni e conseguentemente non può tenersi conto di calcoli effettuati sulla base di formule differenti.

Alla luce delle considerazioni suesposte, il Giudice ha ritenuto che non vi potesse essere spazio per alcun accertamento di natura istruttoria ed ha rigettato le domande formulate dagli attori.

 Avv. Maria Teresa De Luca

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