Una sentenza della Corte di Cassazione fornisce un ulteriore chiarimento sugli arresti domiciliari, analizzando il caso di un padre che aveva chiesto di accompagnare il figlio a scuola.

Può un soggetto agli arresti domiciliari chiedere un permesso per accompagnare il figlio a scuola? Quanto ampia può essere l’autorizzazione ad assentarsi dal domicilio?

La Corte di Cassazione penale, con la sentenza n. 30349/2017, si è occupata proprio di tale questione.

Secondo i giudici, se l’imputato non può altrimenti provvedere alle sue indispensabili esigenze di vita il giudice può autorizzarlo ad assentarsi nel corso della giornata dal luogo di arresto.

Nel caso di specie, il Tribunale di Sorveglianza di Bologna aveva concesso gli arresti domiciliari a un soggetto.

Con un successivo provvedimento, il Giudice del Tribunale di Sorveglianza di Firenze aveva autorizzato il detenuto a uscire dall’abitazione. Il tutto però in determinati orari, per motivi di lavoro.

Inoltre, era autorizzato a spostarsi nella Provincia di residenza per esigenze di vita.

In seguito, il soggetto agli arresti domiciliari aveva chiesto al Giudice di essere autorizzato a portare il figlio a scuola. Inoltre, chiedevadi portarlo a svolgere varie attività sportive.

L’uomo aveva sottolineato che la sua compagna era partita per il Perù, per ragioni di famiglia.

Il Giudice, tuttavia, rigettato la richiesta. In particolare, aveva osservato che al detenuto erano già state date delle autorizzazioni piuttosto ampie.

Ritenendo la decisione ingiusta, il soggetto ha fatto ricorso in Cassazione. E con due motivazioni.

La prima era la sussistenza di un “interesse attuale e concreto” ad ottenere la richiesta autorizzazione.

La seconda “il diritto costituzionale del padre di garantire al figlio le attività di studio e le esigenze sanitarie, tutelate dall’art. 284 cod. proc. pen.”.

Per il ricorrente, gli orari di uscita consentiti non gli permettevano di provvedere alle esigenze del figlio.

Pertanto, il provvedimento di rigetto dell’istanza era “sostanzialmente privo di motivazione”, dal momento che non era stato giustificato sulla base del pericolo di commissione di nuovi reati o da esigenze di sicurezza.

A quel punto, la Corte ha accolto il suo ricorso ritenendolo fondato in quanto il provvedimento di rigetto del Tribunale era, effettivamente, privo di motivazione.

Il Giudice infatti si era limitato ad affermare che l’istanza non poteva essere accolta “in considerazione dell’ampiezza delle autorizzazioni già fruite dal condannato”.

Tale motivazione, secondo la Cassazione, non poteva considerarsi adeguata.

Era state ignorate, infatti, “le esigenze prospettate dal detenuto domiciliare né il tema della loro fondatezza e della loro compatibilità con l’insieme delle prescrizioni imposte e delle esigenze di sicurezza pubblica”.

Ai sensi dell’art. 284, comma 3, c.p.p., “se l’imputato non può altrimenti provvedere alle sue indispensabili esigenze di vita ovvero versa in situazione di assoluta indigenza, il giudice può autorizzarlo ad assentarsi nel corso della giornata dal luogo di arresto per il tempo strettamente necessario per provvedere alle suddette esigenze ovvero per esercitare una attività lavorativa”.

Dunque, se sussistono “indispensabili esigenze di vita”, il Giudice deve accettarne la richiesta.

In questa vicenda il giudice aveva invece rigettato la richiesta a priori. Il tutto senza accertare la fondatezza delle ragioni poste alla base della stessa.

Alla luce di tali evidenze, il ricorso del detenuto è stato accolto.

 

 

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