Si ha veramente intenzione di risolvere i veri problemi sociali senza fare business personale? È un interrogativo che invade la mia mente da moltissimi anni!
Comunque, si parla tanto di regolamentare meglio della legge Balduzzi il contenzioso medicolegale tra medico/struttura e paziente e allo stesso tempo, da svariati anni, è in crescita la soluzione della “Consulenza Tecnica Preventiva” per risolvere i cosiddetti casi di malasanità.
Di cosa si tratta? Se si legge l’articolo di legge sul codice di procedura civile si possono evidenziare le finalità del legislatore. Riportiamolo e commentiamolo.
“L’espletamento di una consulenza tecnica, in via preventiva, può essere richiesto anche fuori delle condizioni di cui al primo comma dell’articolo 696, ai fini dell’accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito. Il giudice procede a norma del terzo comma del medesimo articolo 696 (…l’accertamento tecnico di cui al primo comma può comprendere anche valutazioni in ordine alle cause e ai danni relativi all’oggetto della verifica…). Il consulente, prima di provvedere al deposito della relazione, tenta, ove possibile, la conciliazione delle parti”.
Genericamente possiamo affermare come tale novella del 2005 nasca con l’intento di deflazionare il contenzioso civile e consenta alla parte che lo promuove la precostituzione di una prova scritta che potrà essere utilizzata nell’eventuale futuro giudizio civile.
Bisogna premettere che in materia di Responsabilità Medica il Giudice, al fine dell’accertamento dell’errore medico e/o della responsabilità della struttura ospedaliera e della legittimità delle pretese fatte valere dal danneggiato, non potrà prescindere da una consulenza tecnica d’ufficio.
Ciò premesso, a dispetto di tutte quelle comparse di costituzione che si leggono e che hanno lo scopo insensato di inibire l’iniziativa degli attori, il problema di fondo è la logica di tale ricorso:
Se si ipotizza una responsabilità del medico o della struttura, allora perché si perde tempo prezioso quando una Ctu tecnica è risolutiva e mezzo di prova (in quanto unica maniera per provare fatti indimostrabili nel processo) in qualsiasi tipo di azione giudiziaria?
Tentare di inibire una CTP è insensato per vari motivi:

  • Il codice è chiaro: “accertare e determinare i crediti derivanti da mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito … Il giudice procede a norma del terzo comma del medesimo articolo 696 (…l’accertamento tecnico di cui al primo comma può comprendere anche valutazioni in ordine alle cause e ai danni relativi all’oggetto della verifica…); quest’ultimo comma dovrebbe inibire molti dei punti della stragrande maggioranza delle comparse dei convenuti. È la parte dell’articolo che rende assolutamente incontestabile tale tipologia di ricorso nella malpractice medica.
  • Non è pensabile definire una consulenza tecnica in tale ambito come esplorativa in quanto lo sarebbe, allora, anche in giudizio ordinario, visto che tale attività percipiente del CTU è fondamentale per provare i fatti che prima di questa non risultano provati;
  • Dopo una CTP esiste per i soccombenti la possibilità di provare a transare e risparmiare anche molto!
  • Dà la possibilità ai convenuti e all’attore di valutare il rischio della prosecuzione di un giudizio;
  • Effettivamente si sfoltisce il ruolo dei giudici.

Oggi la responsabilità medica è il tema centrale delle cronache anche se sembra a chi scrive solo un generare confusione e inesattezze a favore di chi deve pagare le conseguenze degli errori medici e delle strutture (soprattutto). In verità parliamo di una media di 35mila richieste annue di risarcimento a fronte di oltre un miliardo e centomila terapie somministrate su tutto il territorio nazionale: ossia parliamo di molliche fisiologiche!
 
La questione più delicata, a prescindere dall’ammissibilità dello strumento in materia di responsabilità medica, è che oggi sembra che nella maggior parte dei tribunali italiani sembra un mezzo da cestinare in quanto non utile a chi lo propone per i seguenti motivi:

  • Solo una piccola % di transazioni vengono effettuate dopo il deposito della ctu positiva per il richiedente;
  • Cambiamento di rito se si propone il logico e conseguente ricorso 702bis;
  • Frequente nomina di nuova CTU senza adeguata motivazione (anche in assenza di nuovi convenuti);
  • Ma il fatto più grave è la consuetudine per molti Giudici di fissare una successiva udienza in corso di 696bis ma che alla fine è inutile in quanto lo stesso giudice non entra in merito del “fare” del ctu!

Allora che fare, considerando che è in procinto una legge che regolamenti il contenzioso medicolegale legato alla malpractice medica?
Un ottimo esempio è l’articolo 445bis (Accertamento Tecnico Preventivo Obbligatorio) che il legislatore ha previsto nelle controversie in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile. Handicap e disabilità, nonché di pensione di inabilità e di assegno di invalidità, disciplinati dalle legge del 12 Giugno 1984 n. 222.
Risulterebbe perfetto per regolamentare il contenzioso medicolegale da malpractice medica che andrebbe modificato eliminando l’ultimo comma, ossia quello che prevede “La sentenza che definisce il giudizio previsto dal comma precedente è inappellabile” e questo per la diversità della materia e poiché non esiste rivedibilità nel contenzioso da malpractice medica.
Il tutto risulterebbe avvalorato e dunque perfezionato in quanto la mediazione è risultata un vero fallimento in questa materia.
 

Dr. Carmelo Galipò

 
 
 
 
 
 

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