Il Tribunale civile in primo grado ha dato ragione alla paziente condannando le due aziende e i docenti a risarcire un danno fissato in circa 45.000 euro.

La diagnosi era chiara: tumore all’utero. Cosi comincia il calvario di una donna di 66 anni e del suo caso di malasanità italiana. La tragica notizia arriva nel 2005 e, l’anno dopo, i medici dell’ospedale Lotti di Pontedera la sottopongono ad  un intervento di asportazione di utero e ovaie, nonostante l’operazione fosse stata sconsigliata dai medici dell’ospedale Santa Chiara che le avevano diagnosticato il tumore. Dopo l’intervento però, le analisi confermano che il tumore non c’era. E’ successo a Collesalvetti (Livorno) e la paziente chiede il risarcimento dei danni all’Asl 5, all’azienda ospedaliera pisana e ai medici Virgilio Facchini e Orlando Goletti.

Dopo alcuni accertamenti iniziali infatti, il dottor Fiacchini, allora direttore di Ostetricia e Ginecologia del Santa Chiara, diagnostica alla donna un chiaro carcinoma da trattare con rimozione dell’utero, ma le cose si complicano al ricovero e l’intervento salta, perchè la paziente reagisce contraria all’anestesia e viene dimessa. Non contenta del parere del dottor Fiacchini, la donna consulta il dottor Goletti, direttore di chirurgia dell’ospedale di Pontedera che, dopo aver eseguito alcuni esami e confermato la diagnosi tumorale, nell’agosto del 2006, esegue l’intervento di asportazione di utero e ovaie. Dopo ulteriori analisi però, la scoperta chock: «L’esame citologico degli organi e tessuti asportati rilevavano reperti di natura benigna, riferibili a patologia infiammatoria cronica e non a eteroplasia» si legge nella sentenza.

Si era fatta operare «sulla base di un’erronea rappresentazione dei fatti, perché, ove le fosse stata rappresentata la sua reale patologia, l’attrice avrebbe rifiutato l’intervento» prosegue il giudice Viani. Secondo la relazione peritale «è assolutamente certo l’errore commesso dal professor Facchini, che formulò una diagnosi di carcinoma in assenza di elementi certi, e di fronte, anzi, a un referto bioptico esplicitamente dubbio, fondato su materiale scarsamente diagnostico e da correlare con ulteriori elementi clinici, tanto che lo stesso consulente definisce la conclusione inspiegabile. Conclamato invece, l’errore del professor Goletti, che nonostante non disponesse  di elementi ulteriori, ha accettato la diagnosi del professor Facchini senza rivalutare autonomamente il materiale raccolto, così da accettare il rischio d’errore del collega.

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