La vicenda affrontata dagli Ermellini (n° 50060/2016) nella sentenza oggetto della mia disamina racconta una storia dai contorni tristi che, purtroppo, si è realmente verificata e che – ahimè – si configurerà ancora altre volte, trattandosi di una pratica diffusa.

Il mondo degli aborti è un universo a parte e ciò che si ascolta in tv ovvero si legge sui giornali è solo una minima parte di realtà tragiche che solamente Dio può giudicare!

Tuttavia, alla luce anche della struttura di questa rivista, mi soffermerò ad analizzare gli aspetti giuridici trattati, cominciando, pertanto, dalla rappresentazione del fatto storico ed omettendo – come sempre ed anche perché da me non conosciuti – i nominativi dei soggetti coinvolti.

Il fatto. Tizio, Caio e Sempronio, di nazionalità nigeriana, risultano imputati per il delitto di associazione, finalizzato a consumare atti di interruzione della gravidanza, praticata nei confronti di donne della medesima nazionalità, all’interno di uno studio medico di cui essi avevano la piena disponibilità. All’esito della trattazione del giudizio nelle forme del rito abbreviato, il G.U.P. emetteva sentenza di condanna nei confronti di tutti gli imputati; la Corte di Appello, poi, riformava parzialmente la sentenza gravata, solo per quanto concerne un episodio di aborto; la Suprema Corte, infine, con la sentenza n° 50026/2016 annullava il provvedimento impugnato, solo per quanto concerne la concreta quantificazione della pena.

Ebbene, una volta ripercorso piuttosto sommariamente l’iter processuale, mi soffermerò sulla illustrazione al lettore del reato di associazione per delinquere, di cui all’art. 416 c.p., e sulla rappresentazione della disciplina legislativa dettata in materia di aborto.

L’associazione per delinquere si configura quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più reati (c.d. “reati satellite”) realizzando una minima organizzazione, anche di tipo rudimentale, che consenta agli associati di attuare con continuità il programma criminoso avuto di mira.

Dunque, affinché si possa parlare di associazione per delinquere, è necessario che almeno tre persone siano consapevoli di far parte del sodalizio criminale per commettere più delitti.

Per quanto concerne, poi, i soggetti, occorre distinguere tra promotori – ossia coloro che si fanno iniziatori dell’associazione –  e partecipi – ossia coloro che risultano inseriti stabilmente all’interno dell’associazione ed assolvono ai compiti loro assegnati, affinché l’associazione persegua i propri obiettivi.

Dunque, ricapitolando, alla luce della Dottrina e della Giurisprudenza oramai consolidate sul punto, l’associazione per delinquere presuppone: 1) la presenza di almeno tre persone; 2) l’indeterminatezza nella consumazione dei reati satellite; 3) la permanenza del pactum sceleris fino allo scioglimento del vincolo associativo.

L’associazione per delinquere, di cui all’art. 416 c.p., si distingue dal concorso, di cui all’art. 110 c.p., in quanto tale ultima ipotesi di configura allorquando anche solo due soggetti si accordano al solo fine di consumare un determinato reato, con la conseguenza, pertanto, da un lato della insussistenza del vincolo della permanenza, dall’altro della volontà di consumare solamente quel determinato reato, appunto in concorso.

Orbene, chiarito molto sommariamente il reato di associazione per delinquere (sul quale ci sarebbero fiumi di parole da spendere, tra circostanze, pena, termine di prescrizione etc., il che rischierebbe di annoiare il lettore), esaminiamo, ora, la legislazione nazionale vigente, in materia di aborto.

L’aborto, nella Penisola, risulta disciplinato dalla Legge n° 194 del 22 maggio 1978 e chiamata, in genere, “la 194”.

Prima dell’entrata in vigore della citata Legge, l’aborto, definito tecnicamente IVG, ossia interruzione volontaria di gravidanza, era penalmente rilevante, prevedendo, infatti, la correlativa disciplina pesanti sanzioni sia nei confronti del medico che nei confronti della donna, purché consenziente, e condannando, inoltre, anche condotte finalizzate a procurarsi l’aborto nonché il soggetto che istigava una donna all’aborto.

Successivamente, in ragione di una serie di vicissitudini che coinvolgevano anche personaggi pubblici, fu introdotta nel nostro ordinamento la 194, la quale, molto brevemente, prevedeva la possibilità di praticare l’IVG, purché ciò avvenisse all’interno di strutture pubbliche e nei primi 90 giorni di gestazione; tra il quarto ed il quinto mese di gravidanza, invece, l’aborto era possibile esclusivamente per finalità terapeutiche. Infine, l’aborto è possibile solamente in presenza di situazioni in cui la prosecuzione della gravidanza comporti un serio pericolo per la salute fisica ovvero psichica del nascituro.

Ne consegue che l’aborto al di fuori dei casi espressamente previsti dalla Legge risulta penalmente rilevante, le cui condotte saranno sanzionate dalla competente Autorità Giudiziaria penale.

Orbene, quanto trattato dagli Ermellini nella sentenza oggetto di questo mio breve esame integra entrambe le fattispecie di reato sopra illustrate.

Infatti, nel caso di specie, Tizio, Caio e Sempronio sono risultati colpevoli di aver cagionato nove episodi di interruzione volontaria della gravidanza, effettuata in totale dispregio della normativa in materia (la 194), all’interno di uno studio medico di cui essi avevano la totale disponibilità e nei confronti di donne connazionali dei coimputati (si ribadisce, di nazionalità nigeriana). Inoltre, solamente l’intervento della Polizia Giudiziaria che ha svolto l’attività investigativa è riuscita a sciogliere il vincolo associativo, sferrando un duro colpo all’organizzazione criminale.

Concludo con un’ultima osservazione, da me tratta da internet.

In Nigeria (paese di provenienza delle donne e dei coimputati) l’interruzione volontaria della gravidanza è consentita solamente per salvaguardare la vita della madre, risultando, per contro, vietata in tutte le altre situazioni (salute fisica e mentale, stupro, anomalie del feto, fattori socio-economici, su richiesta).

 

Avv. Aldo Antonio Montella

(Foro di Napoli)

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