La Cassazione ha stabilito che in caso di assunzione d’ufficio di nuovi mezzi di prova, deve essere salvaguardato il diritto dell’imputato alla prova contraria, a maggior ragione se essa è stata posta a fondamento della decisione di condanna

Secondo il consolidato orientamento di legittimità, è legittima l’acquisizione nel processo penale della consulenza tecnica depositata nel procedimento civile, non ancora definito con sentenza passata in giudicato, attesa la sua natura di prova documentale (…) formata fuori del procedimento penale e rappresentativa di situazioni e cose.
L’acquisibilità del documento lascia, tuttavia, impregiudicata la questione del diritto al contraddittorio nella formazione della prova, posta a fondamento del giudizio di responsabilità.
Il principio è stato affermato dai giudici della Suprema Corte di Cassazione, in ordine al ricorso presentato da due imputate, già condannate alla pena di legge per il delitto di falso in testamento olografico.
Le due ricorrenti lamentavano la violazione delle norme previste, a pena di inutilizzabilità ai sensi dell’art. 191 c.p.p., per essere stata la falsità del testamento asseverata attraverso la consulenza tecnica disposta in un procedimento civile non definito con sentenza irrevocabile e, senza che fosse stata accolta la loro richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, al fine di procedere al richiesto esame del CTU.

L’acquisizione d’ufficio di prove nel processo penale

Nel caso di assunzione di ufficio (ai sensi dell’art. 507 c.p.p.) di nuovi mezzi di prova è riconosciuto alle parti il diritto alla prova contraria, che può essere denegato dal giudice, con adeguata motivazione, solo quando le prove richieste sono vietate dalla legge o sono manifestamente superflue o irrilevanti; con la conseguenza che il giudice d’appello, dinanzi al quale sia dedotta la violazione dell’art. 495 c.p.p., comma 2, deve decidere sull’ammissibilità della prova secondo i parametri rigorosi previsti dall’art. 190 stesso codice (per il quale le prove sono ammesse a richiesta di parte), mentre non può avvalersi dei poteri meramente discrezionali riconosciutigli dal successivo art. 603 in ordine alla valutazione di ammissibilità delle prove non sopravvenute al giudizio di primo grado.
Nel caso in esame, dall’acquisizione ex art. 507 c.p.p. della consulenza tecnica grafologica svolta nel procedimento civile, ancora pendente, era, senz’altro, derivato il diritto delle imputate di richiedere la citazione a prova contraria del consulente tecnico.
L’esame del predetto consulente – il cui elaborato era stato posto a fondamento dell’affermazione della penale responsabilità delle due donne, doveva ritenersi tanto più necessario, nella prospettiva della prova contraria, dal momento che la difesa ne aveva contestato le conclusioni.
Per tali ragioni, la sentenza impugnata è stata annullata con rinvio al giudice d’appello perché proceda a nuovo esame.

Dott.ssa Sabrina Caporale

 
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