Il trapianto sul piccolo paziente affetto da atresia biliare, una grave malattia al fegato, è stato effettuato a Padova ed è pienamente riuscito

Era affetto da una grave malattia del fegato, una crisi di atresia biliare che non lasciava scampo. Lo ha salvato il papà, donandogli parte del proprio fegato con un trapianto da vivente a vivente.

E’ quanto accaduto a un bimbo di Padova, che non aveva ancora compiuto l’anno di età. La vicenda risale al 2017, ma è stata resa nota solo ora. L’intervento è stato eseguito presso l’Azienda ospedaliera del capoluogo di provincia veneto, dal team guidato da Umberto Cillo.

“Siamo riusciti a mettere sul campo tecniche di divisione del fegato così accurate e così precise sulla quantità di organo necessario per il trapianto che si possono asportare frammenti molto piccoli – rileva Cillo -. Questi poi vanno conservati con tutti i peduncoli ed è questa l’aspetto più complicato. Il nostro è un lavoro di equipe, non solo i chirurghi, ma anche chi si occupa del coordinamento regionale del trasporto di organi. E’ un’azione corale che impegna circa 100 persone”. Un intervento del genere dura otto ore, ma anche 10 o 12. “Una cosa è certa – sottolinea Cillo – non si può programmare mai quando finirà”.

Il piccolo, grazie al via libera concesso da parte del Ministero della Salute su richiesta del chirurgo, poteva ricevere il fegato del padre o della madre. Per l’intervento non erano infatti disponibili altri organi da persone decedute con un’età inferiore a 50 anni, come previsto dai protocolli. La madre è stata però subito esclusa perché in famiglia c’è un altro bambino e la scelta è ricaduta sul padre.

L’intervento, definito tecnicamente ‘split’, ha portato all’asportazione del 25% del fegato del padre, praticamente l’intero lobo sinistro, che è stato immediatamente reimpiantato nel bambino.

Un’operazione complessa e articolata, ma che ha registrato un successo pieno. Padre e figlio ora stanno bene e dopo una breve degenza sono stati entrambi dimessi.

Presso il Centro di chirurgia epatobiliare e trapianti di fegato dell’azienda ospedaliera di Padova sono stati 110 solo nel 2017  i trapianti effettuati: 109 da donatore cadavere e uno, quello su bimbo malato di atresia biliare, da donatore vivente.

Il precedente caso di donazione da vivente risale al 1997 quando un ferroviere croato donò parte del suo fegato al figlio malato di tumore, salvandolo.

Negli ultimi anni, grazie ad un protocollo specifico, è stato possibile ridurre la lista di attesa per i piccoli pazienti che necessitano di un trapianto di fegato. Questo protocollo prevede che il fegato di ogni donatore deceduto sotto i 50 anni di età venga suddiviso in due porzioni per consentire altrettanti trapianti. Il primo a favore di un ricevente adulto, il secondo per un paziente pediatrico.

 

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