La pensione di vecchiata è pari, per ogni anno di effettiva iscrizione e contribuzione, all’1,75 per cento della media dei più elevati dieci redditi professionali dichiarati dall’iscritto ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF)

La vicenda

Nel 2013, la Corte d’appello di L’Aquila, in parziale riforma della decisione di primo grado, aveva accolto in parte, la domanda proposta da un avvocato nei confronti della Cassa di Previdenza e Assistenza Forense, dichiarando il diritto di quest’ultimo, a conseguire il trattamento di quiescenza con decorrenza dal 1 gennaio 2008, confermando il rigetto della richiesta di riliquidazione della pensione nella misura lorda di Euro 2.836,83 in luogo di Euro 2.721,19 erogata.

Ed invero, l’ordine professionale aveva disposto, con provvedimento del 10 luglio 2008 la cancellazione dall’Albo dell’avvocato (richiesta in data 24 dicembre 2007) a decorrere dal 31 dicembre 2007. Il professionista chiedeva quindi di vedersi riconoscere la pensione dal 1° gennaio 2008 e non dal 1° agosto 2008 come deliberato dalla Cassa. 

Per la Cassazione della sentenza hanno proposto impugnazione entrambe le parti in causa con ricorsi separati.

Per quel che qui interessa, assume rilievo il ricorso formulato dall’avvocato contro la decisione impugnata, perché a sua detta – contraria all’art. 112 c.p.c. nella parte in cui la Corte territoriale, pur dichiarando il suo diritto alla pensione con decorrenza 1 gennaio 2008, aveva poi omesso di pronunciarsi sui capi della domanda relativi alla condanna della Cassa al pagamento dei ratei di pensione dal gennaio al luglio 2008 oltre alla quota di 13ma mensilità, alla rivalutazione monetaria con gli adeguamenti annuali ai sensi della L. n. 516 del 1980, art. 16, su detti ratei, nonché agli interessi dal dovuto al soddisfo.

La motivazione della sentenza impugnata era inoltre, insufficiente e  contraddittoria per avere erroneamente rigettato la domanda di riliquidazione della pensione senza considerare che i redditi relativi agli anni 1998 e 1999 erano stati determinati dalla Cassa applicando i tetti massimi di reddito previsti per i detti anni e non i redditi effettivamente conseguiti.

I giudici della Terza Sezione Civile della Cassazione (sentenza n. 17966/2019) hanno accolto il ricorso perché fondato.

La L. n. 576 del 1980, art. 2, al comma 1, dispone: “La pensione di vecchiaia è corrisposta a coloro che abbiano compiuto almeno sessantacinque anni di età, dopo almeno trenta anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa e sempre che l’iscritto non abbia richiesto il rimborso di cui dell’art. 21, comma 1. La pensione è pari, per ogni anno di effettiva iscrizione e contribuzione, all’1,75 per cento della media dei più elevati dieci redditi professionali dichiarati dall’iscritto ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), risultanti dalle dichiarazioni relative ai quindici anni solari anteriori alla maturazione del diritto a pensione”.

Al comma 2 invece, dispone che “Per il calcolo della media di cui sopra si considera solo la parte di reddito professionale soggetta al contributo di cui all’art. 10, comma 1, lett. a); i redditi annuali dichiarati, escluso l’ultimo, sono rivalutati a norma dell’art. 15 della presente legge.”.

L’art. 10, comma 1, lett. a) recita: ” Il contributo soggettivo obbligatorio a carico di ogni iscritto alla cassa e di ogni iscritto agli albi professionali tenuto all’iscrizione è pari alle seguenti percentuali del reddito professionale netto prodotto nell’anno, quale risulta dalla relativa dichiarazione ai fini dell’Irpef e dalle successive definizioni: a) reddito sino a lire 40 milioni: dieci per cento….”.

La decisione

Ebbene, la Corte territoriale aveva ritenuto che la Cassa, nel calcolare la pensione del proprio iscritto, avesse correttamente applicato solo agli anni 1998 e 1999 il tetto previsto dall’art. 2, comma 2, per il 1998 ed il 1999 laddove, invece, per tali anni occorreva far riferimento solo ai redditi effettivamente conseguiti (e, poi, rivalutati).

«Il limite (o tetto) previsto dall’art. 2, comma 2, – chiariscono Gli Ermellini – opera, infatti,  per individuare la misura massima della media dei dieci migliori redditi stabilita con riferimento all’anno in cui l’iscritto alla Cassa era stato collocato a riposo (e, quindi, i limiti relativi agli anni 1998 e 1999, erroneamente applicati al ricorrente , erano previsti per stabilire i tetti della media dei più elevati redditi professionali dichiarati per i pensionati negli anni 1999 e 2000)».

In definitiva, è stato accolto il ricorso dell’avvocato e cassata con rinvio la decisione impugnata.

La redazione giuridica

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