Vittima dell’errore un bimbo che inalò protossido di azoto per 68 minuti subendo una paralisi cerebrale infantile. La Corte territoriale ha ribaltato due delle condanne inflitte in primo grado dal Tribunale

Erano stati condannati in primo grado dal giudice monocratico del Tribunale di Palermo. Gli imputati erano accusati di lesioni colpose gravissime nei confronti di un bambino reso invalido da dalla somministrazione di azoto al posto di ossigeno.
Un errore per il quale il Giudice aveva riconosciuto le responsabilità del direttore del dipartimento materno-infantile del Policlinico del capoluogo siciliano, del geometra e tecnico del struttura, nonché dell’imprenditore titolare della ditta che eseguì i lavori sull’impianto di gas medicali del reparto Maternità.

Il bimbo, che oggi ha otto anni, non parla, non cammina e ha bisogno di assistenza continua.

Dopo la nascita aveva mostrato segni di sofferenza. I medici avevano quindi deciso di somministrargli l’ossigeno. Nel tubo dell’impianto appena rifatto e mai collaudato però c’era protossido di azoto, un gas anestetizzante che il neonato inalò per 68 minuti, subendo una paralisi cerebrale infantile.
“Non fu eseguita alcuna prova di gas specificità né le opere vennero collaudate – scrisse il giudice di prime cure -. Ciò nonostante le prese erano state dotate di flussometri e attacchi che rendevano immediatamente fruibile l’impianto di gas medicale”.

Nelle scorse ore, tuttavia, la corte d’appello ha assolto il direttore del reparto e l’imprenditore, confermando invece la condanna per il tecnico.

Quest’ultimo non si sarebbe curato di collaudare gli impianti realizzati né di far verificare cosa uscisse dai bocchettoni di erogazione di ossigeno e azoto. L’uomo, tuttavia, si è visto ridurre la pena da tre anni a un anno e mezzo. Ai genitori è stato invece confermato il risarcimento del danno, da liquidare in sede civile, nonché la provvisionale da un milione e 100 mila euro disposta dal Tribunale nel settembre 2017.
 
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