Il comune non può negare il permesso di costruire di una piattaforma elevatrice, volta a consentire il superamento delle barrire architettoniche presenti nel condominio, se non fornisce alternative concretamente ed efficacemente praticabili

La vicenda

I ricorrenti, proprietari di una unità immobiliare sita al primo piano di uno stabile condominiale ubicato in un comune lombardo, avevano presentato domanda di permesso di costruire per l’installazione, nel vano scale condominiale, di una piattaforma elevatrice, volta a consentire il superamento delle barrire architettoniche presenti nell’edificio, allegando all’istanza, la relativa delibera condominiale.
Il Comune, ricevuta la predetta richiesta aveva evidenziato che il progetto originario doveva essere necessariamente modificato perché inidoneo a rispettare le prescrizioni contenute nel Regolamento edilizio comunale, nonché nel Regolamento locale di igiene.
Senonché dopo, un primo preavviso di diniego, giungeva quello definitivo, contro il quale i ricorrenti proponevano ricorso dinanzi al Tar Lombardia al fine di ottenere la nullità del provvedimento impugnato.
A sostegno dell’assunto difensivo, i ricorrenti citavano un precedente arresto dello stesso Tar Lombardia, n. 1541/2015 ove è stato affermato che il Comune non può rifiutare la domanda di installazione, nel vano scale del condominio, di una piattaforma elevatrice per abbattere le barriere architettoniche se non fornisce una reale e concreta alternativa al progetto del cittadino.
Ebbene, il Tar ha accolto il ricorso; ciò in quanto il provvedimento comunale, attraverso il quale era stato definitivamente negato il permesso di costruire per la realizzazione della piattaforma elevatrice nel vano scala del condominio in questione, richiamava una serie di atti presupposti, nessuno dei quali tuttavia, conteneva in modo chiaro, inequivocabile ed esaustivo l’indicazione di concrete soluzioni progettuali alternative a quella proposta dai ricorrenti.
Ebbene, in mancanza di soluzioni alternative chiare e puntuali, non condivise con i soggetti privati istanti o comunque non risultanti oggettivamente idonee, il diniego comunale si presentava come elusivo della pronuncia dei giudici amministrativi lombardi poc’anzi citata.

L’applicazione del precedente giurisprudenziale

La sua corretta attuazione avrebbe richiesto necessariamente la predisposizione di soluzioni progettuali concrete e immediatamente realizzabili, considerato che “l’eliminazione delle barriere architettoniche che impediscono la piena accessibilità degli edifici, limitando la possibilità per le persone affette da handicap di svolgere pienamente la propria personalità e di avere una normale vita di relazione, attiene ad esigenze di rilievo costituzionale primario, riconducibili anzitutto alle previsioni degli articoli 2 e 3 Cost e quindi (…) il rigetto della domanda di permesso di costruire, con la quale sia stata chiesta la deroga alle norme regolamentari, non può fondarsi sulla mera esistenza in astratto di ulteriori soluzioni tecnicamente praticabili, ma – laddove il richiedente abbia illustrato, come nel caso in esame, la non praticabilità, a suo avviso, di altre idonee soluzioni – deve muovere dall’evidenziazione di soluzioni, che sulla base delle circostanza fattuali note, siano da ritenere come reali alternative, ossia come possibilità effettivamente e concretamente praticabili”.
E qualora, si ritenesse che l’esistenza solo in astratto di altre possibili soluzioni costituisca una ragione sufficiente per il rigetto dell’istanza di deroga alle norme regolamentari, si finirebbe con il frustrate le finalità stesse della deroga, oltre che dei principi costituzionali sopra richiamati, esponendo il richiedente a elaborare altre soluzioni progettuali, che potrebbero però poi a loro volta risultare non effettivamente fattibili”.
In conclusione l’attività posta in essere dal Comune è stata considerata elusiva dei precetti giurisprudenziali contenuti nella sentenza n. 1541/2015 e pertanto, meritevole di annullamento.

Dott.ssa Sabrina Caporale

 
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