Non punibile, per la depenalizzazione del reato di danneggiamento, la proprietaria del cane che aveva sporcato la biancheria del vicino

Era accusata di non aver impedito che le deiezioni del proprio cane sporcassero la biancheria del vicino; questa era stesa ad asciugare nel balcone sottostante.

Il Giudice di pace aveva assolto la donna dal reato di danneggiamento ritenendo che il fatto non potesse più essere considerato un illecito. Ciò a motivo dell’intervenuta depenalizzazione conseguente all’emanazione del decreto legislativo n.7/2016.

Nel presentare ricorso per cassazione il Procuratore generale lamentava che il giudice non avesse utilizzato i suoi poteri di verifica dell’esatta qualificazione giuridica del fatto. Questi, in particolare, avrebbe omesso di rilevare che l’illecito doveva essere sussunto nella previsione di “Deturpamento e imbrattamento di cose altrui”, disciplinata dall’art. 639 c.p.; di conseguenza, non avrebbe rilevato la perdurante illiceità penale della condotta.

La Suprema Corte, con la sentenza n. 13970/2018 ha invece precisato che l'”abolitio criminis” espunge dall’ordinamento la norma incriminatrice penale; pertanto il giudice “ha il compito di dichiarare, ex art. 129, comma primo, c.p.p.., che il fatto non è previsto dalla legge come reato”.

In ossequio all’art. 2 c.p. , comma secondo, infatti, “nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato”.

La declaratoria è necessariamente pregiudiziale rispetto a ogni altro accertamento che implichi, invece, la formale permanenza di una “res judicanda”.

Lo chiarisce la stessa giurisprudenza di legittimità, in riferimento al venir meno dell’oggetto sostanziale del rapporto processuale penale.

Nel caso in esame, la rilevata espunzione dal sistema penale del reato di danneggiamenti ex art. 635 c.p., ha imposto al giudice l’immediato epilogo decisorio. Esclusa, di conseguenza, la possibilità, invocata dal ricorrente, di riqualificare la fattispecie nel reato previsto dall’art. 639 c.p., “in ragione della sopravvenuta giuridica inesistenza dell’originaria regiudicanda”.

 

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