L’oncologo Veronesi: “non credo che Brexit avrà impatto dirompente”; ma il futuro dei ricercatori italiani in Gran Bretagna presenta numerose incognite
Brexit non influirà sul dialogo e la collaborazione dei ricercatori. La scienza, infatti, non ha confini, né politici né etnici, né religiosi. E’ quanto sostiene l’oncologo Umberto Veronesi, intervistato dall’Adnkronos sulle possibili ripercussioni nel mondo scientifico dell’uscita della Gran Bretagna dall’Ue sancita dal referendum dello scorso 23 giugno.
“Sul sistema della conoscenza non credo che questo risultato avrà un impatto dirompente”, ha dichiarato Veronesi, evidenziando come dal punto di vista scientifico l’Inghilterra abbia sempre mantenuto una posizione isolazionista. “Nel mondo della ricerca – sottolinea l’oncologo – è noto che gli inglesi tendono a condurre i loro studi all’interno del Paese, nonché a sviluppare politiche sanitarie ‘calibrate’ sulle caratteristiche della popolazione di origine britannica”.
Per il fondatore dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, dunque, Brexit sarà più uno scossone che un vero e proprio tsunami. “Sono convinto – prosegue Veronesi – che in ogni caso la comunità scientifica internazionale potrà mantenere i suoi rapporti con la Gran Bretagna, anche se potrebbe succedere che alcuni enti europei che attualmente hanno sede a Londra, per esempio l’Agenzia del farmaco Ema, dovranno cambiare sede”.
Che la scienza mondiale possa rimanere forte e unita, senza confini e barriere, sono convinti anche i numerosi ricercatori e medici italiani che si trovano oltremanica, nonostante le numerose incertezze legate al loro futuro lavorativo e professionale. Allo stato il dubbio principale sembra essere quello legato all’accesso ai fondi europei; occorrerà capire, infatti, se la rinegoziazione degli accordi porterà all’impossibilità per medici inglesi, o residenti in GB, di concorrere a tali fondi oppure se potranno continuare a presentare le loro domande dietro versamento, da parte dell’Inghilterra, di una quota parte all’Ue.
