La Corte di Cassazione fa il punto in merito alla possibilità di sequestrare al padrone il cane maltrattato a scopi educativi. Per i giudici, ciò non esclude il fumus del reato.

La Corte di Cassazione, terza sezione penale, nell’ordinanza n. 44554/2018, ha ricordato come il sequestro del cane maltrattato a scopi educativi dal padrone sia legittimo, in quanto la finalità non esclude il fumus del reato di maltrattamenti.

Ciò è valido anche in assenza di lesioni evidenti sull’animale.

La vicenda

Nel caso di specie, la Corte si è pronunciata sul ricorso del Procuratore della Repubblica contro la decisione che aveva annullato il decreto di sequestro preventivo di un cane maltrattato. Il suo proprietario era stato infatti indagato per maltrattamento di animali (ex art. 544-ter c.p.)

Inoltre, il sequestro era stato disposto in quanto il padrone aveva sottoposto a sevizie il cane.

L’animale veniva colpito ripetutamente con calci, pugni, con una cintura e persino lanciandolo contro i muri. Il giudice del riesame, invece, ha annullato il provvedimento ritenendo assenti i presupposti del reato.

Ciò in quanto le percosse sarebbero state inflitte non a titolo gratuito, bensì a scopo educativo e senza lasciare tracce visibili sul corpo dell’animale.

Il P.M. ricorrente in Cassazione ha dedotto il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 544-ter c.p. in cui sarebbe incorso il giudice territoriale,

Infatti, la norma citata, incrimina diversi comportamenti.

Tra questi, c’è il cagionare una lesione all’animale o il sottoporlo a sevizie, in assenza di lesioni.

Ne consegue pertanto che, nel caso di specie, sarebbe stata quest’ultima condotta oggetto di contestazione.

Dunque il giudice di merito ha errato a escludere il reato sul cane maltrattato sol perché non vi erano lesioni evidenti.

Per gli Ermellini, dunque, il ricorso è fondato. L’art. 544-ter c.p., rammentano i giudici, è una fattispecie penale a forma libera, qualificabile quale norma a più fattispecie con modalità diverse di concretizzazione dell’offesa ai bene giuridico, la cui eventuale plurima realizzazione configura comunque un solo reato (cfr. Cass. n. 39159/2014).

Nello specifico, aggiungono gli Ermellini, il primo comma differenzia la condotta di aver cagionato all’animale una lesione dalla condotta di sottoposizione dell’animale a sevizie.

Ne consegue che il requisito della crudeltà e dell’assenza di necessità è previsto per la sola ipotesi della condotta che cagiona lesioni e non per le altre condotte descritte nel primo comma dell’art. 544-ter del codice penale.

Alla luce di ciò, deve ritenersi fondato il ricorso del Pubblico Ministero.

Ha dunque errato il giudice del riesame a escludere il fumus del reato giustificando le sevizie con presunti scopi educativi. Ciò in quanto è una ragione che in nessun modo esclude il reato di maltrattamenti.

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