Integra la fattispecie di reato di indebita utilizzazione di carte di credito e non invece il delitto di frode informatica di cui all’art. 640-ter c.p., il prelievo reiterato di denaro contante presso uno sportello bancomat di un istituto di credito mediante l’uso di un supporto magnetico clonato

La Corte di Appello di Roma aveva solo parzialmente riformato, in ordine al trattamento sanzionatorio, la sentenza del Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Roma che, all’esito di giudizio abbreviato, aveva riconosciuto la penale responsabilità dell’imputato in ordine al delitto di cui al D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 55, comma 1, per aver indebitamente utilizzato presso un esercizio commerciale una carta di credito falsificata contenente i dati di altra carta ed, essendo inoltre in possesso anche di ulteriori carte di credito falsificate o alterate.

Il ricorso per Cassazione

Oggetto del ricorso, il trattamento sanzionatorio applicato dai giudici della Corte territoriale già citata, in ordine alla accertata responsabilità dell’imputato.

I giudici della Corte di Cassazione richiamano precedenti giurisprudenziali assimilabili al caso in esame, e ricordano che integra il reato di indebita utilizzazione di carte di credito di cui al D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231, art. 55, comma 9, e non quello di frode informatica di cui all’art. 640 – ter cod. pen., il reiterato prelievo di denaro contante presso lo sportello bancomat di un istituto bancario mediante utilizzazione di un supporto magnetico donato, perché il ripetuto ritiro di somme per mezzo di una carta bancomat illecitamente duplicata configura l’utilizzo indebito di uno strumento di prelievo sanzionato dal predetto art. 55 (Sez. 6, n. 1333 del 04/11/2015, Rv. 266233; Sez. 2, n. 50140 del 13/10/2015, Rv. 265565).

Il reato di frode informatica di cui all’art. 640 ter cod. pen., invece, si configura nella condotta di colui che, servendosi di un codice di accesso fraudolentemente captato, penetri abusivamente nel sistema informatico bancario ed effettui illecite operazioni di trasferimento fondi, al fine di trarne profitto per sé o per altri (Sez. 2, n. 50140 del 13/10/2015, Rv. 265565 cit. che, in motivazione, ha ritenuto decisiva la sussistenza dell’elemento specializzante, costituito dall’utilizzo “fraudolento” del sistema informatico; cfr. anche Sez. 2, n. 41777 del 30/09/2015, Rv. 264774; Sez. 2, n. 17748 del 15/04/2011, Rv 250113).

Nel caso in esame, all’imputato, non era, infatti, stato contestato l’uso fraudolento di un codice di accesso ad un sistema informatico, né alcun abusivo intervento sul sistema ma soltanto il pagamento di merce con l’uso di supporti clonati.

Sicché la condanna doveva ritenersi correttamente applicata.

La redazione giuridica

 

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