La Cassazione affronta il tema della causa persa in partenza: il risarcimento, in tal caso, non è dovuto se il legale si è comunque adoperato per trovare una soluzione transattiva

La Corte di Cassazione, terza sezione civile, nell’ordinanza n. 30169/2018, fa il punto sul tema della causa persa in partenza: il risarcimento del legale al cliente è sempre dovuto?

Ebbene, secondo i giudici no, se questi si è comunque adoperato per trovare una soluzione transattiva e ha agito per tutelare il cliente.

Infatti, l’avvocato che ha iscritto tardivamente una causa al ruolo non avrà di certo diritto al compenso.

Tuttavia, egli non sarà necessariamente sarà tenuto a pagare i danni al cliente ove il suo comportamento professionale sia stato comunque corretto.

La vicenda

Nel caso di specie, la Cassazione ha rigettato il ricorso di una cliente che aveva chiesto il risarcimento danni al suo avvocato a causa di un’opposizione a decreto ingiuntivo dichiarata improcedibile per tardività dell’iscrizione a ruolo della citazione.

Ebbene, la domanda risarcitoria era stata parzialmente respinta dalla Corte d’Appello.

Per quest’ultima, non era dovuto al legale alcun compenso per la prestazione, stante l’errore commesso nell’espletare la difesa.

Tuttavia, neppure era dovuto alcun risarcimento per l’ulteriore danno lamentato dal cliente.

E ciò in quanto non era stato provato che il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo avrebbe avuto una probabilità di essere accolto.

La professionista, pur avendo dichiarato al cliente che l’opposizione era possibile, aveva sconsigliato di proseguire nel giudizio in quanto a trattavasi di causa persa in partenza, e aveva tentato invano una conciliazione non accettata dalla controparte.

Alla fine l’opposizione era stata proposta in quanto corrispondeva all’interesse del cliente a resistere alla richiesta di pagamento, che non era in grado di onorare nell’immediato.

A quel punto, il giudice a quo aveva ritenuto conforme il comportamento di dissuasione tenuto dalla professionista.

La Cassazione, a tal proposito, rammenta (cfr. sent. n. 11213/2017) che la responsabilità del prestatore di opera intellettuale, nei confronti del proprio cliente, per negligente svolgimento dell’attività professionale presuppone la prova, da parte di costui, del danno e del nesso causale tra la condotta del professionista e il pregiudizio del cliente.

Ciò deve formare un accertamento che non è sindacabile in sede di legittimità, se correttamente motivato.

Nel caso di specie, l’avvocatessa è incorsa in un errore procedurale imperdonabile nel depositare in ritardo la citazione in opposizione. Tale elemento ha condotto la Corte di merito a non riconoscergli alcun diritto al compenso.

Tuttavia è la stessa Corte che ricorda come il comportamento successivo e “proattivo” tenuto dalla professionista era stato corretto. Nel corso della lite, la legale aveva anche tentato una conciliazione, non accettata dal cliente.

Pertanto, laddove il difensore accetti una causa persa in partenza, non potrà comunque disinteressarsene del tutto, ma dovrà attivarsi per trovare una soluzione transattiva.

Una responsabilità professionale dell’avvocato per violazione degli obblighi inerenti al mandato alla lite si configura in caso di assoluta inerzia del difensore, a prescindere dal pronostico sull’esito della lite.

E questo vale anche alla luce del testo di deontologia pubblicato di recente dal CNF. Esso afferma che non si impongono al professionista oneri d’informazione stringenti al punto di formulare un pronostico sull’esito della lite, se non richiesto.

Nel caso in esame, pur avendo l’avvocatessa accettato un mandato per una causa persa “ab initio”, la sua strategia processuale non può dirsi pregiudizievole per il cliente.

Quest’ultimo, infatti, si era dimostrato interessato a resistere in prima battuta alla richiesta di pagamento e a intavolare vie conciliative, poi non più accettate.

In conclusione, la legale ha dimostrato di aver valutato prima il concreto interesse del cliente in rapporto alle caratteristiche della lite e, pertanto, sotto il profilo della diligenza cui la stessa era tenuta, il suo atteggiamento viene ritenuto conforme ai parametri della correttezza professionale.

 

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