Tale riflessione sulla causalità giuridica nasce dalla lettura di una sentenza su di un caso di richiesta di danno da perdita della vita di un neonato

Il processo trae origine dal caso di un bambino nato nel 2004 all’Ospedale di Palermo, il quale subito dopo il parto veniva sottoposto ad intervento chirurgico d’urgenza a causa di una grave malformazione diaframmatica e che, nonostante le cure apprestate dai sanitari decedeva a poche ore dalla nascita. I genitori del piccolo, successivamente, citavano in giudizio la struttura e i sanitari ivi operanti per vederli condannare per il comportamento imprudente ed imperito degli ecografisti, per aver mancato, a loro dire, la diagnosi prenatale della malformazione durante tutti i controlli ecografici a cui la madre si era sottoposta durante la gravidanza. Domandavano al Giudice, oltre alle altre voci di danno, che fosse loro riconosciuto il risarcimento del c.d. danno da perdita della vita.

I sanitari costituitisi in giudizio, ribattevano che nulla poteva essere loro imputato in quanto la patologia non era rilevabile sino alla trentatreesima settimana, e che in ogni caso la morte non sarebbe stata evitabile neanche da una diagnosi tempestiva stante la gravità delle malformazioni.

Ma il Tribunale (Palermo, sez. civ. I, 7 ottobre 2016), ha stabilito che tale danno (danno da perdita della vita) nel caso di specie non fosse risarcibile, malgrado ritenesse sussistente “…una porzione di responsabilità (25%) ascrivibile sia all’azienda ospedaliera convenuta sia ai dott. V. e  G. tale da avere eziologicamente aggravato  il quadro patologico del piccolo PR, si da  non  consentire, a causa della omessa e tempestiva diagnosi, sia trattamenti prenatali sia la nascita in un ambiente protetto ed attrezzato che avrebbe consentito un intervento chirurgico non in urgenza ma programmato tale a ridurre la percentuale di rischio di morte, poi effettivamente verificata” (perdita di chance di sopravvivenza).

Il motivo, secondo il Giudice, è che una tale voce di danno non può riconoscersi direttamente alla vittima primaria a causa del suo decesso intervenuto in un arco temporale di meno di cinque ore dalla nascita, tale da non consentire il consolidamento entro il suo patrimonio del relativo diritto risarcitorio, mentre deve essere riconosciuto ai genitori il danno parentale da decesso della vittima primaria ai quali dovrà essere liquidato in via equitativa.

Il giudice perciò, rifacendosi alle tabelle milanese, liquida in favore dei genitori la somma di 80.000,00 euro a titolo di danno parentale, cadauno, che rappresenta il 25% della perduta chance di sopravvivenza (avendo valutato il danno pieno nella misura di 320mila euro).

Quanto fin qui esposto non ha alcun aspetto innovativo in sé, ma la sentenza di merito contiene un passo della pronuncia della Cass. Civ. del 16 ottobre 2007 n° 21619 che fa luce sul concetto della causalità giuridica e sulle categorie concettuali che presiedono all’indagine sul nesso causale:

“ …in una diversa dimensione, sempre nell’orbita del sottosistema civilistico, la causalità da perdita di chance, attestata tout court sul versante della mera possibilità di conseguimento di un diverso risultato terapeutico, da intendersi, rettamente, non come mancato conseguimento di un risultato soltanto possibile, bensì come sacrificio della possibilità di conseguirlo, inteso tale aspettativa (la guarigione da parte del paziente) come “bene”, come diritto attuale, autonomo e diverso rispetto a quello alla salute.

Quasi certezza (ovvero altro grado di credibilità razionale), probabilità relativa e possibilità sono, dunque, in conclusione, le tre categorie concettuali che, oggi, presiedono all’indagine  sul nesso causale nei vari rami dell’ordinamento”.

Queste poche righe sintetizzano molti anni di giurisprudenza sulla causalità giuridica e dovrebbero rimanere impresse nella mente degli avvocati e dei medici legali che “praticano” la responsabilità sanitaria.

Si riassume, di seguito, un “rigido” schema del peso della causalità giuridica in termini probabilistici e subito dopo una proposta di schema semplificato basato comunque sulla causalità efficiente:

  1. Sede Penale

Quasi certezza = oltre ogni ragionevole dubbio = alto grado di credibilità razionale = causa senza la quale non si verifica il danno > nesso di causa prossimo al 100%

2. Sede Civile

a) Probabilità relativa (più probabile che non):

  • Mancato raggiungimento di un obiettivo > nesso di causa maggiore del 50%;
  • Perdita di chance seria ed apprezzabile > nesso di causa inferiore al 50%;
  • Mera possibilità di conseguire un risultato > nesso di causa non apprezzabile e dunque inferiore al 5%

Proposta di schema semplificato impostato sul concetto della causalità giuridica efficiente.

Sia in sede penale che in sede civile esiste “colpa piena” in presenza della c.d. causa efficiente che soddisfa entrambi i criteri del:

A) Oltre ogni ragionevole dubbio: che equivale al dubbio (causa/concausa) ragionevole in presenza del quale si ha incertezza causale;

A1) Più probabile che non: che rappresenta quella causa/concausa che ragionevolmente ha provocato la conseguenza di danno e senza la quale si cadrebbe nella causalità debole rappresentata dalla…

Colpa relativa”, ossia:

B) Perdita di chance seria e apprezzabile della probabilità di raggiungere un obiettivo;

B1) Mera Perdita di chance, ossia perdita della teorica possibilità di raggiungere un obiettivo, dunque chance slegata dal nesso di causa tra danno evento e danno conseguenza (voce di danno distinta che va richiesta specificatamente nella domanda giudiziale).

Una ulteriore sintesi può essere rappresentata da una linea retta che identifica il nesso di causa tra due fatti, ossia una retta che lega 0 e 100 e lungo la quale corre il probabile legame tra i due fatti.

 

Dr. Carmelo Galipò

(Pres. Accademia della Medicina Legale)

 

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