Martedì  scorso la Commissione Affari Sociali della Camera ha varato una risoluzione sull’applicazione delle nuove linee guida evidenziando diverse criticità tra le quali la certificazione per l’attività ludico motoria. I relatori hanno sottolineato l’importanza dell’elettrocardiogramma definito come un “ intervento di scarsa efficacia preventiva e di nessuna utilità”. È stato inoltre affrontato il  problema dei costi dell’obbligatorietà della certificazione medica. Per  i relatori, però, la produzione di questa documentazione medico – scientifica è “una misura impegnativa e onerosa dissuasiva verso un comportamento, la pratica dell’attività motoria e sportiva, universalmente riconosciuto come un fenomeno di alto valore sociale e civile, oltreché fondamentale per la diffusione di sani stili di vita e per la prevenzione sanitaria”.

Per saperne di più, Responsabile Civile ha sentito il dottor Carlo De Rosa, medico legale ed esperto in medicina del lavoro


Dottor De Rosa, la Commissione Affari Sociali ha criticato la gestione delle pratiche di certificazione sportiva affermando che queste rallentano il SSN. Lei cosa ne pensa?

Bella domanda. La soluzione migliore, secondo me, è affidarsi ai mezzi sportivi. Questo discorso vale sia per le attività agonistiche che per quelle semiprofessionali. Onestamente mi affiderei sempre ai medici sportivi e privati

Parliamo di elettrocardiogrammi e prevenzione. Con quale cadenza gli atleti si devono sottoporre a visite mediche specifiche? Non sono rari i casi di infarto a livello agonistico.

Gli elettrocardiogrammi, come tutte le visite, vanno ripetuti periodicamente. Per quanto riguarda l’infarto, bisogna dire che non è facilmente prevedibile e prevenibile. Prendiamo il caso di Antonio Cassano che è eclatante. Questi ha giocato per molto tempo e solo successivamente si sono accorti della malformazione cardiaca. Qualche falla nel sistema c’è e non è solo questione di elettrocardiogramma. Tornando all’imprevedibilità  dell’infarto, questo può capitare anche ad una persona sana, per uno spavento, un evento spiacevole ecc. Le posso dire senza ombra di dubbio che la questione dello screening cardiologico andrebbe sicuramente rivista e migliorata.

Poco tempo fa, Responsabile Civile ha parlato del caso di un giocatore di badminton stroncato da infarto mentre giocava. Eppure, nell’immaginario collettivo, gli atleti dovrebbero essere forti e aver un cuore sano.

Questo no. Ci sono molte patologie che intervengono in maniera alquanto silente. Quello che le posso dire è che chi ha fatto quel tipo di accertamenti, come nel caso del ragazzo citato, o li ha fatti superficialmente certificando un regolarità che di fatti non c’era o non hanno fatto analisi approfondite.

Ultima domanda: trova giusta questa differenza di trattamento, chiamiamola così, tra la categoria di atleti e di sport agonistici e quelli amatoriali?

Assolutamente sì. In qualche modo tutto va regolarizzato, anche la piccola squadra di calcio, purché federata alla Federcalcio, e quindi al Coni, necessita di un protocollo sanitario minimo. Trovo giusto che tutte le associazioni sportive che si rifanno al Coni abbiano un determinato protocollo. Dietro questa “differenza” non ci trovo nulla di scandaloso.

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