Il titolare del ristorante è tenuto a portare a conoscenza dei clienti, con la dovuta evidenza, l’utilizzo di cibi surgelati o congelati nelle cucine

Rischia la condanna per frode nell’esercizio del commercio il titolare di un ristorante che non segnali adeguatamente nel menù i cibi surgelati. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 38793/2018.

Gli Ermellini si sono pronunciati sul ricorso presentato dal legale rappresentante e presidente del cda di una società che esercitava l’attività di ristorazione. L’uomo era stato condannato dal Tribunale ai sensi dell’articolo 515 del c.p. per aver venduto ai clienti alimenti congelati, senza che vi fosse tale indicazione. La pronuncia era stata confermata anche in sede di appello.

La vicenda è quindi approdata in Cassazione ma, anche in tale sede, i Giudici non hanno ritenuto di accogliere le doglianze dell’imputato, respingendo il ricorso.

La Suprema Corte ha infatti confermato che non è sufficiente riportare sul menù l’avviso che alcuni prodotti possono essere surgelati o congelati in loco.

Così come non esime dal reato l’invito esposto sullo stesso menù a rivolgersi al personale di sala per avere tutte le informazioni sul prodotto desiderato.

Per i Giudici del Palazzaccio l’utilizzo di prodotti surgelati in origine o congelati nelle cucine del ristorante va portato a conoscenza dei clienti con la dovuta evidenza. Ad esempio apponendo asterischi a fianco dei prodotti, o inserendo un’apposita avvertenza, collocata in grassetto, prima della lista delle pietanze.

Al limite, si sarebbe potuto codificare la regola per la quale il personale avrebbe dovuto specificare autonomamente, ad ogni ordinazione, se il prodotto ordinato era surgelato o congelato o fresco.

La Cassazione ha inoltre elencato i fatti da cui era enucleabile il dolo generico richiesto per la configurazione del reato.

L’informazione tramite il menù non era adeguata per la conformazione e conformazione grafica che sfuggiva all’attenzione dei clienti. I prezzi dei prodotti, la loro presentazione nel menù e le caratteristiche di ristorazione d’élite dell’esercizio erano tali da indurre l’avventore medio a ritenere che il prodotto fosse fresco.

Per prassi aziendale poi, buona parte dei prodotti, specie quelli ittici, erano preparati ed abbattuti in loco. I prodotti freschi acquistati spesso non erano sufficienti a soddisfare la domanda.

Al personale di sala non era stata impartita una specifica disposizione, affinché d’iniziativa, informasse i clienti dello stato fisico del prodotto congelato. Infine, al momento del controllo, non erano stati rinvenuti prodotti freschi analoghi a quelli congelati o surgelati presenti nelle celle frigorifere.

Da qui la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della Cassa delle ammende.

 

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