Colpa cosciente o dolo eventuale? È questo il tema sul quale i giudici della Cassazione sono tornati a discutere. Anche questa volta la vicenda trae origine da un caso di incidente stradale che aveva provocato la morte della vittima

Colpa cosciente e dolo eventuale sono temi molto cari a dottrina e giurisprudenza; ma nonostante le numerose sentenze e i molteplici contributi teorici, i confini tra i due istituti risultano ancora molto labili.

La vicenda

L’imputato era stato accusato del delitto di omicidio colposo cagionato ai danni della vittima deceduta in conseguenza di un sinistro stradale.
Dalla ricostruzione dei fatti era emerso che l’agente, mentre era alla guida della sua auto in orario notturno, ma in un tratto di strada urbana regolarmente illuminato e in presenza di numerose intersezioni stradali ed attraversamenti pedonali, raggiungeva con il paraurti anteriore, lato destro, della propria autovettura, al fine di cagionargli lesioni personali, un passante a bordo della sua bicicletta, che lo precedeva di circa 20 km/h sulla medesima direzione di marcia. Lo avvicinava talmente tanto da percuotere contro la parte posteriore del mezzo a due ruote.
Dopodiché, avanzando in velocità ed effettuando un cambio di direzione da destra a sinistra, modificando l’angolo del proprio autoveicolo rispetto a quello condotto dal danneggiato, lo impattava violentemente.
A seguito dell’urto quest’ultimo finiva sul cofano dell’autovettura, rompendo il parabrezza. Veniva poi, trascinato per circa mt. 4,5 ed infine, catapultato ad una ad una distanza di circa mt. 22 dalla zona d’investimento, così riportando gravissime lesioni personali che lo conducevano al decesso.

Interessante il giudizio della cassazione sull’elemento soggettivo del reato.

Ci si domanda, in particolar modo, se nella mente dell’imputato, al momento dell’investimento, vi fosse un intento omicidiario di quale natura: omicidio doloso (con dolo eventuale) o colposo (colpa con previsione)?
Per i giudici della corte territoriale non vi erano dubbi: il quadro probatorio così delineato era idoneo alla qualificazione del fatto in termini colposi.
Allora i giudici della Cassazione ne approfittano per ricordare i termini della distinzione tra i due profili di colpevolezza.

Dolo eventuale o colpa cosciente

In punto di diritto, in tema di elemento soggettivo del reato, ricorre il dolo eventuale quando si accerti che l’agente, pur essendosi rappresentato la concreta possibilità di verificazione di un fatto costituente reato come conseguenza del proprio comportamento, persiste nella sua condotta, accettando il rischio che l’evento si verifichi; si versa invece nella colpa con previsione quando l’agente prevede in concreto che la sua condotta possa cagionare l’evento ma ha il convincimento di poterlo evitare (così questa Sez. 4, n. 24612 del 10/4/2014).
Detto in altri termini, ciò che contraddistingue la colpa con previsione è la circostanza che l’agente prevede l’evento dannoso ma (a differenza di quanto avviene per il dolo eventuale) è convinto di poterlo evitare. Non è dunque sufficiente che l’evento sia prevedibile – perché la prevedibilità dell’evento costituisce elemento ineludibile ed essenziale per poter ritenere esistente l’elemento soggettivo per ogni forma di reato colposo – ma è necessario che l’agente l’abbia previsto in concreto sia pure con il convincimento di cui si è detto.
La sentenza impugnata fondava la sua valutazione su elementi certamente idonei a dimostrare l’esistenza della prevedibilità dell’evento e a confermare l’elevatissimo grado di colpa da parte dell’imputato che aveva agito in violazione di numerose regole di comportamento.

Il quid pluris della colpa cosciente

Ma per i giudici Ermellini, la colpa con previsione è un’altra cosa: non è, ovviamente, la prevedibilità dell’evento e prescinde dalla gravità della colpa.
Ciò che è richiesto è che l’agente si sia concretamente rappresentato la possibilità del verificarsi di un evento dannoso sia pure con la convinzione di evitare che esso si verifichi. Non basta dunque che l’evento sia prevedibile ma occorre che l’agente lo abbia concretamente previsto.
Mancava, invece,  nella sentenza dei giudici della corte d’appello, l’indicazione di elementi sintomatici tali da ritenere previsto – e non solo prevedibile – l’evento.
Perché l’evento possa essere ritenuto “previsto”, deve esistere, quindi, un quid pluris rispetto alla sua mera prevedibilità e ciò non può essere costituito dalla gravità delle violazioni compiute (si può avere previsione dell’evento anche in presenza di lievi trasgressioni delle regole di prudenza o diligenza) bensì da elementi – ovviamente, nella generalità dei casi, di natura sintomatica – che consentano di affermare che l’evento è stato effettivamente previsto dall’agente.

Ed invero, per i giudici della Suprema Corte non si tratta di semplici ipotesi di scuola.

Per rimanere in tema del sorpasso in situazione di pericolo potrebbe affermarsi l’esistenza della colpa “cosciente” nel caso in cui un automobilista esegua un sorpasso, confidando nella rapidità della sua manovra, pur essendosi accorto che la corsia che deve impegnare per il sorpasso è già occupata da un’autovettura che proviene dal senso inverso; o, nel caso in cui il sorpasso avvenga in curva, se l’altra corsia appaia impegnata da una serie di veicoli che la stanno percorrendo; o, ancora, quando l’agente, conscio della brevità del tratto libero nel quale può eseguire il sorpasso, lo compia ugualmente trovandosi nella necessità di rientrare anzitempo e vada ad urtare contro il veicolo che stava sorpassando).
Anche al di fuori della circolazione stradale possono agevolmente individuarsi casi di colpa con previsione: il medico che esegua un intervento chirurgico non urgente che sa non rientrare nelle sue competenze professionali e lo esegua in modo imperito con la consapevolezza dei danni che può provocare un intervento errato; il datore di lavoro che, avvertito di una situazione di grave e attuale pericolo per l’incolumità dei lavoratori (per es. che una superficie di passaggio non è in grado di sopportare il peso delle persone), insista per la prosecuzione delle attività lavorative senza l’adozione di alcuna cautela.
Va dunque ribadito che la colpa cosciente è configurabile nel caso in cui la volontà dell’agente non è diretta verso l’evento, ma egli abbia previsto in concreto che la sua condotta poteva cagionare l’evento ed abbia comunque agito con il convincimento di poterlo evitare, sicché, ai fini della valutazione della responsabilità, il giudice è tenuto ad indicare analiticamente gli elementi sintomatici da cui sia desumibile non la prevedibilità in astratto dell’evento, bensì la sua previsione in concreto da parte dell’imputato.
Ebbene, è con tale previsione, in concreto, che dovrà confrontarsi lo sforzo motivazionale del giudice del rinvio, cui è stata rimessa nuovamente la vicenda.

Dott.ssa Sabrina Caporale

 
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