Una importante pronuncia della Cassazione specifica come la colpa medica non possa interrompere il nesso di causalità tra condotta dell’investitore ed evento letale.

Con la pronuncia n. 28246/2016 la Corte di Cassazione, IV Sezione Penale, ha fatto luce sulla relazione tra la colpa medica e il nesso di causalità tra la condotta dell’agente e quella del medico, evidenziando un aspetto molto importante della questione.

Laddove si verifichino lesioni personali, cui segue poi il decesso della vittima, la colpa medica può in qualche modo elidere il nesso di causalità tra la condotta lesiva dell’agente e l’evento morte?

A questa domanda ha risposto la sentenza in oggetto, fornendo delle precisazioni interessanti.

I giudici di Cassazione specificano che, in caso di incidente stradale che causa lesioni, anche l’ipotetica imperizia dei sanitari non può eliminare il nesso causale tra la condotta e l’evento morte.

Questo in quanto l’intervento dei sanitari costituisce, rispetto al soggetto leso, un fatto tipico e prevedibile anche nei possibili errori di cura. Invece, ai fini della esclusione del nesso di causalità, occorre un errore sanitario del tutto eccezionale.

Un errore che, da solo, sia idoneo a determinare l’evento letale.

Nel caso di specie il Tribunale penale ha condannato una donna per il reato di omicidio colposo ai danni di un uomo, commesso con violazione delle norme inerenti la circolazione stradale.

Dopo l’incidente causato dall’imputata la vittima ha riportato una frattura della testa omerale. È stato quindi necessario intervenire chirurgicamente.

Tuttavia l’operazione non è andata a buon fine concludendosi con il decesso dell’uomo.

La sentenza è stata quindi impugnata dall’imputata ma la Corte di Appello l’ha confermata.

Ciononostante, la donna ha deciso di presentare ricorso in Corte di Cassazione. La signora, infatti, deduceva la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 41 c.p., comma 2 (“le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l’evento”).

In buona sostanza, secondo la difesa dell’imputata, il sopravvenuto decesso dell’investito era stato causato da una “trombo-embolia polmonare massiva” verificatasi a seguito di un intervento chirurgico. Pertanto concludeva che non si potesse evincere un rapporto di causalità riconducibile alla errata condotta di guida della signora.

Tuttavia, la Cassazione ha ritenuto di non poter accogliere il ricorso della donna, come ben illustrato nell’approfondita analisi dell’Avv. Francesco Abbate.

 

 

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