Secondo una ricerca svizzera i camici bianchi ospedalieri trascorrerebbero ormai quasi la metà della propria giornata lavorativa al computer, circa il triplo del tempo di quello riservato al rapporto diretto con il paziente

Medici più dediti al disbrigo di pratiche al pc piuttosto che al rapporto diretto con il paziente. E’ quanto emerge da un’indagine pubblicata sugli Annals of Internal Medicine, condotta osservando il comportamento di 36 medici specializzandi di medicina interna dell’Ospedale Universitario di Losanna, in Svizzera. Su un turno giornaliero medio di 11,6 ore (1,6 ore in più del previsto) i medici dedicherebbero meno di due ore (1,7) con i propri pazienti e poco più di 5 ore (5,2) – più del triplo – davanti al computer. La permanenza a lavoro oltre l’orario del turno sarebbe dovuta proprio all’impossibilità di esaurire la propria attività, in relazione soprattutto alla compilazione elettronica di dati clinici.
Lo studio ha classificato le attività svolte dai medici durante il proprio turno in 22 categorie di lavoro evidenziando, tra i dati più significativi, che i camici bianchi trascorrerebbero il 52 per cento del tempo in attività di assistenza indiretta dei pazienti, comprendenti, ad esempio, la compilazione della cartella clinica, lo scambio di pareri con  colleghi o la ricerca di informazioni per il trattamento dei pazienti o il loro smistamento presso altri reparti. All’assistenza diretta sarebbe riservato il 28 per cento del tempo, relativamente ai turni diurni; tra questi figurano gli esami clinici e le procedure mediche. Appena il 2 per cento del tempo sarebbe invece riservato alla comunicazione tra il medico e il paziente (o la famiglia), mentre l’insegnamento e le attività di aggiornamento e di ricerca occuperebbero il 6 per cento. Complessivamente i medici trascorrerebbero al pc il 45 per cento del loro turno lavorativo.
Lo studio ha anche tenuto conto di una ricerca retrospettiva relativa a un periodo di cinquant’anni. Nell’arco di tale spazio temporale il tempo con i pazienti non risulterebbe mutato, mentre si sarebbe dilatato quello speso al computer. La ricerca, secondo la prima autrice, Nathalie Wenger, l’autrice confermerebbe che i medici siano ormai entrati in un’era digitale, con metà della giornata lavorativa trascorsa al computer. “Non possiamo dire che questo sia un bene o un male – afferma Wenger- l’attività di digitalizzazione dei dati clinici è oggi cruciale nel setting clinico, con alcuni vantaggi. Ma vi è urgente bisogno di migliorare questa attività, alleggerire i medici di alcuni compiti amministrativi delegabili, ripensare l’organizzazione del lavoro al fine di aumentare l’efficienza per affrontare pazienti complessi e potenziare il ruolo del medico”.

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