Il grave pregiudizio derivante al creditore da un inadempimento oggettivo giustifica la risoluzione del concordato preventivo

In quali circostanze la risoluzione del concordato preventivo risulta giustificata? A questa domanda ha risposto il Tribunale di Ravenna nel decreto del 27 luglio 2018.

I giudici, infatti, hanno chiarito il concetto di “grave pregiudizio” derivante al creditore dalla procedura di concordato, in grado di giustificarne l’istanza di risoluzione.

Infatti, secondo il Tribunale ravennate, occorre valutare la dimensione “oggettiva” dell’inadempimento quando si parla di concordato preventivo.

Non solo. Occorre inoltre procedere operando un raffronto tra quanto prospettato inizialmente e la possibilità concreta di soddisfare i creditori.

Ora, poiché in questo caso, non solo non è stato possibile soddisfare i chirografari, ma neppure pagare interamente i creditori privilegiati, dato che nessun immobile della società debitrice è stato venduto, l’istanza di risoluzione del creditore deve essere accolta.

La vicenda

Nel caso di specie trattato dal Tribunale di Ravenna, per mezzo di un ricorso, una società ha proposto istanza di risoluzione del concordato preventivo di una S.r.l, di cui è creditrice per la somma Euro 8.489,72 oltre interessi.

Ebbene, i Commissari Giudiziali avevano espresso parere favorevole all’attuabilità del concordato preventivo. E questo, anche se avevano rideterminato la percentuale di possibile soddisfacimento dei creditori chirografari, nella misura realistica compresa tra il 18,86% ed il 20,04%.

I seguito, però, la relazione semestrale del liquidatore aveva evidenziato che “allo stato attuale nessuna unità immobiliare di proprietà della procedura concordataria è stata liquidata … l’attivo concordatario è quasi esclusivamente composto da unità immobiliari … e l’attivo realizzato ad oggi è minimo rispetto ai valori stimati (realizzi effettuati 2,16% del totale”.

Da ciò ne discendeva che “allo stato l’attivo realizzato non è sufficiente neanche al soddisfacimento integrale dei creditori prededucibili.”

A quel punto, riconosciuta la legittimazione attiva della società ricorrente, il Tribunale di Ravenna ha precisato un aspetto importante.

Ovvero che, il grave pregiudizio in materia non concerne solo il rapporto bilaterale fra singolo creditore agente e debitore in concordato, ma una dimensione più ampia, “quale emerge attraverso la conformazione che sulle obbligazioni anteriori opera il decreto di omologazione”.

Pertanto, per i giudici, la gravità consiste in un pregiudizio rilevante, che £riguarda in modo esiziale le stesse obbligazioni discendenti dall’omologazione del concordato, nel senso di riflettersi sull’equilibrio e sul fondamento dell’impianto obbligatorio così come ridisegnato dall’accettazione e successiva omologa del concordato”.

In buona sostanza, ciò che rileva “è la dimensione ‘oggettiva’ dell’inadempimento, ossia il grado di distonia (che deve essere ‘grave’) fra adempimento promesso o prospettato e possibilità concreta di soddisfare i creditori”.

Pertanto, “la risoluzione potrà e dovrà essere pronunciata anche nel caso in cui l’accertato inadempimento dipenda da fatti non imputabili al debitore, venendo in rilievo il dato oggettivo dell’impossibilità di eseguire il piano e di soddisfare i creditori nei termini promessi”.

Il Tribunale di Ravenna ha rilevato dunque come la gravità della situazione sia stata evidenziata nella memoria dei commissari giudiziali. E, prima di loro, dal liquidatore giudiziale.

Insomma, non si tratta solo di una variazione delle percentuali di soddisfacimento dei crediti che è possibile ottenere, ma di una “radicale impossibilità di dare esecuzione alla proposta di concordato nei termini promessi”.

Nel caso di specie, infatti, non solo nessun immobile è stato venduto, ma è stata prevista addirittura una minusvalenza di 938.147,04 euro.

Minusvalenza che non ha consentito di pagare i chirografari e neppure di soddisfare interamente i creditori privilegiati.

Pertanto, alla luce di quanto esposto, nel caso di specie ricorre quindi l’ipotesi del grave inadempimento (art. 186 l.f.) da accertare nella sua dimensione oggettiva. Inadempimento che conduce alla risoluzione del concordato preventivo della società debitrice.

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