La Asl aveva indetto il bando da ben due mesi, circostanza che non è bastata a far presentare medici candidati: il caso del concorso andato deserto

Episodio singolare, quello del concorso andato deserto all’ospedale di Rovigo. In sostanza, era stato indetto un bando di concorso circa due mesi fa finalizzato all’assunzione, rigorosamente a tempo indeterminato, di un medico da destinare al Pronto Soccorso e di un medico anestesista.
Ma, a sorpresa, nessuno si è candidato al concorso andato deserto.

“Il bando per la ricerca di queste due figure professionali è andato deserto” ha confermato con rammarico il direttore generale Antonio Compostella.

“Abbiamo serie difficoltà a trovare medici specialisti in diversi reparti – prosegue il direttore – Siamo dunque costretti a ricorrere alle cooperative per tappare queste carenze di personale, cosa che abbiamo, ad esempio, fatto con il Pronto Soccorso di Rovigo dove abbiamo introdotto medici in libera professione”.
Una soluzione provvisoria che, come confermato da Compostella, non ha affatto risolto il problema.
“Più difficoltoso – ha proseguito il direttore generale dell’ospedale di Rovigo – è risolvere la carenza di medici anestesisti e ginecologi. Se nessuno infatti partecipa ai concorsi indetti dalle aziende sanitarie, a mancare sono poi anche le liste dove attingere, in caso di necessità”.
Un problema, quello della mancanza di medici in molti nosocomi italiani, che è sempre più diffuso e sentito.

Soltanto qualche tempo fa, aveva creato scalpore il caso degli ospedali di Matera e Policoro. Qui, dopo ripetuti bandi pubblici, nessuno si era candidato.

Al punto che si erano liberati per 14 posizioni, destinate a ortopedici, medici di pronto soccorso, radiologi e specialisti in medicina generale.
Una situazione che aveva obbligato Pietro Quinto, direttore generale della Asm, a pubblicare un avviso pubblico a chiamata diretta, senza concorso, proprio per la situazione di emergenza nella quale versavano i due ospedali. Per ottenere il lavoro era sufficiente avere i requisiti e sostenere un colloquio.
“Il nodo principale – spiegava Pietro Quinto al Corriere della Sera – è che in Italia le scuole di specialità sfornano pochissimi professionisti all’anno. Risultato: ci sono ormai più posti disponibili che pretendenti e i medici preferiscono sedi vicine a casa oppure grandi ospedali. Loro sono in grado di scegliere e un luogo come la Basilicata finisce penalizzato”.
 
 
 
 
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