Lo stabilisce la Corte di Cassazione pronunciandosi sulla vicenda di un giovane deceduto a seguito di un attacco epilettico, soccorso con ritardo e mezzi inadeguati a causa della negligenza dell’operatore del servizio di emergenza-urgenza

L’operatore del 118 che, ricevuta una telefonata per la richiesta di soccorso, non acquisisce tutte le informazioni necessarie sulle funzioni vitali del paziente, così da poter valutare, anche in base alle proprie conoscenze professionali, la gravità del caso sottoposto, è passibile di condanna.

A stabilirlo è la Corte di Cassazione con una sentenza (n. 40036/2016) depositata nelle scorse ore. La decisione della Suprema Corte si riferisce alla vicenda di una ragazzo siciliano morto in seguito a un attacco epilettico. Nonostante la richiesta di soccorso da parte della madre, l’ambulanza che avrebbe potuto salvargli la vita, intervenne dopo oltre 30 minuti rispetto alla prima chiamata al 118 e peraltro sprovvista del medico rianimatore e delle attrezzature necessarie per soccorrere il giovane.

Le chiamate al servizio di emergenza-urgenza furono due. Nel corso del primo contatto telefonico l’operatore, secondo quanto accertato, scoraggiò l’invio di un mezzo di soccorso, assicurando che la crisi sarebbe rientrata da sola e contravvenendo in tal modo al protocollo sanitario che impone all’addetto del 118 di effettuare tutte le verifiche del caso per valutare la gravità del paziente.

Solo in seguito alla seconda telefonata, in cui la madre del ragazzo ribadiva che la crisi era ancora in corso, l’addetto decise di inviare una macchina, anche se del tutto inadeguata rispetto alla situazione emergenziale che si era venuta a creare, tanto che per il giovane, in preda a convulsioni, non ci fu nulla da fare.

Per gli Ermellini l’operatore è colpevole di grave negligenza ed è pertanto condannabile. Inoltre lo stesso addetto è colpevole di leggerezza e superficialità e può essere accusato, assieme all’ospedale di riferimento, di ‘mancata presa in carico del paziente’. Infatti l’operatore, come dimostrano le registrazioni acquisite dal giudice, ha fornito informazioni fuorvianti ed elusive rispetto alla richiesta di una ambulanza con la conseguenza che “la richiesta urgente di intervento, piuttosto che evolvere nella direzione invocata dalla madre della vittima (ovvero il soccorso immediato), veniva ‘paralizzata’ dall’operatore, con un conseguente cambio di prospettiva”.

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