Perché nel contenzioso bancario rileva la delibera CICR 9 febbraio 2000

Una delle problematiche più diffuse in tale tipo di contenziosi attiene alla possibilità di considerare valida la capitalizzazione trimestrale in forza della delibera CICR 9 febbraio 2000.

Tanto può avvenire sia quando il contratto è successivo a tale delibera sia quando, pur essendo il contratto precedente, la banca si è adeguata a tale normativa.

Ed è proprio questo il tema che affronta la Corte di Appello di Taranto nella sentenza n. 372 depositata il 10 luglio 2019.

I fatti di causa

Una banca propone appello avverso una sentenza non definitiva e verso quella definitiva, emessa a conclusione del medesimo procedimento, con cui era stata in gran parte accolta la domanda proposta nei suoi confronti da parte di una s.r.l..

Il Giudice di prime cure aveva dichiarato, con la prima sentenza, la nullità delle clausole determinative di interessi ultralegali non pattuite per iscritto, nonchè di quelle che prevedevano la capitalizzazione degli interessi passivi, affermando altresì l’illegittimità dell’applicazione delle c.m.s.  e delle spese di tenuta dei conti non pattuite per iscritto, nonché del calcolo delle valute non rispondente all’esatto giorno dell’operazione. La sentenza definitiva accertava il saldo debitore nella misura di €. 74.311,35 a fronte della maggior somma di €. 647.509,24 calcolata dalla Banca alla chiusura dei conti.

Nell’atto di appello si lamentavano l’omessa applicazione della capitalizzazione degli interessi a debito ed a credito per il periodo successivo al 1°.7.2019, come da delibera CICR del 9.2.2000 e l’omesso accoglimento dell’eccezione di prescrizione delle rimesse solutorie anteriori al decennio.

La decisione della Corte territoriale

Osserva la Corte d’Appello che nel suo primo elaborato il CTU, nel rispondere ai quesiti formulati dal Giudice, aveva escluso dal calcolo del saldo finale i vari addebiti poi dichiarati illegittimi, calcolando  però dal 1°.7.2000 la capitalizzazione degli interessi in conformità della delibera CICR del 9.2.2000 ed espungendo le rimesse solutorie anteriori al 31.12.2008: il risultato finale era sempre a debito della correntista pari ad €. 617.209,25=, ovvero ad €. 602.244, 29 a seconda del criterio di calcolo adottato relativamente all’interpretazione data al controverso art. 117 TUB.

Successivamente, con relazione integrativa, il CTU aveva rideterminato il saldo senza considerare l’eccezione di prescrizione formulata dalla banca, arrivando a determinare il saldo debitore, sempre nell’ipotesi più favorevole alla correntista, in €. 155.351,71=; infine, a seguito della sentenza non definitiva che aveva espunto dal calcolo anche la capitalizzazione trimestrale operata dopo il 1°.7.2000, il CTU aveva da ultimo determinato il saldo debitore in €. 74.311, 35 e il Giudice aveva fatto proprio tale importo nella sentenza definitiva.

Ebbene, pur applicando la soluzione più favorevole alla correntista, di diversa è la soluzione cui è giunta la Corte territorial tarantina.

La delibera CICR del 9.2.2000

La delibera CICR del 9.2.2000 nel dare concreta attuazione al disposto dell’art. 25 Dlgs 342/199 prevedendo la capitalizzazione degli interessi a debito e a credito con pari periodicità (art. 2), all’art. 7 dispone l’adeguamento a tale principio delle condizioni fissate nei contratti anteriormente stipulati, con la seguente precisazione: se ciò comporta un peggioramento per il cliente delle condizioni precedentemente applicate la modifica contrattuale deve essere approvata per iscritto, mentre in caso contrario per  la banca sarà sufficiente pubblicare le nuove condizioni sulla G.U. entro il 30.6.2000 e “fornire opportune notizie per iscritto alla clientela alla prima occasione utile e, comunque, entro il 31.12.2000”.

Ebbene, nel caso de quo, la Banca ha provveduto alla pubblicazione sulla G.U. del 29.6.2000 della su menzionata modifica contrattuale, che prevede la capitalizzazione trimestrale sia degli interessi a debito che di quelli a credito.

Da ciò discende che di tale variazione contrattuale la cliente abbia avuto piena cognizione e notizia per iscritto, mediante l’invio del primo estratto conto successivo al 1°.7.2000, in cui era fatta menzione e venivano concretamente applicati i nuovi ciriteri di calcolo degli interessi attivi e passivi.

Attestata in tal senso è la prevalente giurisprudenza di merito (ex multis, Trib. Torino 9.3.2016; Trib. Napoli 30.1.2018; C.A. Milano 19.6.2018 e 14.9.2018).

Appare evidente che il nuovo sistema di calcolo, che sostituisce la precedente capitalizzazione trimestrale dei soli interessi a debito, è assolutamente migliorativo per la posizione del cliente e, pertanto, non richiede una specifica approvazione per iscritto.

Secondo la Corte d’Appello, quindi, pienamente legittima è la capitalizzazione degli interessi operata dalla banca dal 1°.7.2000 in poi, secondo quanto previsto dalla delibera CICR del 9.2.2000.

L’eccezione di prescrizione delle rimesse solutorie

La Corte territoriale ritiene che il Giudice di prime cure abbia erroneamente rigettato l’eccezione di prescrizione delle rimesse solutorie.

Secondo il costante orientamento della Suprema Corte, nel caso in cui la banca abbia tempestivamente e ritualmente formulato l’eccezione di prescrizione  per decorso del termine decennale dal pagamento, è onere del cliente quello di provare l’esistenza di un contratto di apertura di credito o comunque dimostrare la natura ripristinatoria e non solutoria dei singoli versamenti (cfr. Cass. Nn. 2660/2019; 27704/2018; 18144/2018). 

Sulla base delle su esposte argomentazioni la Corte territoriale ha accolto l’appello dichiarando la legittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi a debito e a credito e la ritualità dell’eccezione di prescrizione delle rimesse solutorie. 

La Corte d’appello ha sostenuto, nella decisione in commento, una tesi innovativa nelle argomentazioni che conduce peraltro a risultati analoghi a quelli fatti propri da una certa parte delle decisioni dei giudici di merito.

La questione non è trascurabile in quanto sofferma l’attenzione sulla necessità di distinguere il momento di conclusione del contratto per fondare la contestazione di anatocismo illegittimo.

Inoltre, è necessario considerare se per i contratti già in atto al momento dell’introduzione della delibera CICR 9 febbraio 2000 risultino successivamente sottoscritte, nel corso del rapporto, le condizioni contrattuali aggiornate.

Ed infatti, quando si verifica tale situazione si potrebbe configurare proprio quella pattuizione che consente di considerare validamente introdotto l’anatocismo, anche se solo da un certo momento in poi.

Avv. Maria Teresa De Luca

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