Il tema affrontato dalla Terza Sezione Penale della Cassazione è quello dell’ammissibilità della confisca in termini generici, senza una espressa indicazione dei beni; argomento sul quale da tempo si registra un contrasto giurisprudenziale

La vicenda

Reato continuato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, commesso negli anni 2010, 2011 e 2012.
Punto di partenza era stato un accertamento eseguito dagli ufficiali della Guardia di Finanza che avevano scoperto quelle operazioni commerciali fraudolente in capo alla società.
Per tali fatti l’imputato, legale rappresentate di una cartiera, era stato condannato, con sentenza emessa dalla Corte d’appello di Ancona, alla pena, sospesa, di 1 anno di reclusione. Nello stesso provvedimento, la corte territoriale aveva escluso di procedere alla confisca, in ragione della mancata individuazione dei beni sui quali il dispositivo ablatorio sarebbe stato destinato ad operare.
Cosicché con ricorso per Cassazione, presentato dal Procuratore generale della Repubblica, la decisione di merito finiva davanti ai giudici di Piazza Cavour, per violazione di legge.
Ed invero, a detta del pubblico ricorrente, secondo un recente indirizzo giurisprudenziale (Sez. 3, n. 4097/2016) la confisca per equivalente può avere ad oggetto anche beni futuri, individuabili anche in sede di esecuzione, e che tale impostazione è funzionale a privare il reo dell’illecito profitto e a consentire il recupero di questo da parte dell’erario.
In realtà sulla ammissibilità della confisca in termini generici, senza espressa indicazione dei beni esiste un indiscutibile contrasto giurisprudenziale. Più volte è stata prospettata la necessità che la questione fosse decisa dalle Sezioni Unite.

Ma quest’oggi i giudici della Terza Sezione Penale hanno sciolto in nodo, pronunciandosi con la sentenza in commento .

Innanzitutto, è stato chiarito che la confisca avente ad oggetto il profitto di reati commessi in violazione di norme tributarie, (di cui all’art. 2 del d.lgs n. 74/200), ha natura obbligatoria. Lo dice espressamente l’art. 143 della Legge n. 244/2007 che richiama a sua volta, l’art. 322-ter c.p.
Ebbene, secondo il primo comma di quest’ultima disposizione “in caso di condanna o applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. per i reati da esso previsti “è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto”.; secondo invece, il terzo comma del medesimo art. 322 ter, nelle ipotesi appena indicate, “il giudice, con la sentenza di condanna, determina le somme di denaro o individua i beni assoggettati a confisca in quanto costituenti il profitto o il prezzo del reato ovvero in quanto di valore corrispondente al profitto o al prezzo del reato”.
In altre parole, nel caso di confisca avente ad oggetto il profitto del reato, la misura ablatoria per equivalente deve essere disposta solo quando non è possibile quella diretta.
In questo senso, risultano univoche le indicazioni della giurisprudenza di legittimità, secondo cui in caso di reati tributari commessi dall’amministratore di una società, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente può essere disposto nei confronti dello stesso, solo quando, all’esito di una valutazione allo stato degli atti sullo stati patrimoniale della persona giuridica, risulti impossibile il sequestri diretto del profitto del reato nei confronti dell’ente che ha tratto vantaggio dalla commissione del reato.

La confisca per equivalente in denaro

Di conseguenza, nel caso di confisca del profitto di un reato tributario, costituito da un valore economico espresso in denaro, il problema della individuazione dei beni da sottoporre ad ablazione a titolo di confisca per equivalente, ammissibile solo nei confronti dell’imputato e non anche a carico della società o dell’ente, sorge solo quando non è rinvenuto denaro nella disponibilità di questi ultimi.
Ma in questo contesto, non può sottacersi l’orientamento ormai prevalente nella giurisprudenza di legittimità secondo il quale, “in tema di confisca per equivalente, il giudice della cognizione, nei limiti del valore corrispondente al profitto del reato, può emettere il provvedimento ablatorio anche in mancanza di un precedente provvedimento cautelare di sequestro e senza necessità della individuazione specifica dei beni da apprendere, avendo il destinatario la facoltà di ricorrere al giudice dell’esecuzione qualora dovesse ritenersi pregiudicato dai criteri adottati dal PM nella selezione dei cespiti da confiscare (Sez. 3, n. 20776/2014).

La decisione

Alla luce di quanto detto, per i giudici della Cassazione, il problema della ammissibilità della confisca di beni futuri non può costituire valido argomento per negare l’applicabilità della confisca, anche per equivalente, in relazione dal profitto di un reato tributario.
E quindi, la confisca per equivalente dovrà essere eseguita, innanzitutto in via diretta nei confronti dell’ente beneficiario delle condotte illecite, in relazione al denaro presso di questo rinvenibile e, poi, per equivalente, sui beni dell’imputato. Solo in caso, di insufficiente disponibilità dei beni rinvenuti, si potrebbe porre il problema di applicare la confisca sui beni futuri.
Pertanto, concludono i giudici della Suprema Corte che la confisca di beni futuri non può costituire valido argomento per negare l’applicabilità della misura ablatoria, anche per equivalente, nell’ipotesi di reati tributari commessi dall’amministratore di una società.
Per il resto, nel caso di specie, la sentenza impugnata aveva ricostruito i fatti e dichiarato la colpevolezza del ricorrente sulla base di un ragionamento indiziario, ma all’esito di una compiuta rivalutazione dell’intero compendio istruttorio e dell’assunzione in contradditorio delle testimonianze dei dipendenti dell’azienda.

Dott.ssa Sabrina Caporale

 
Leggi anche:
I REATI TRIBUTARI E LA LORO RIFORMA (CORTE DI CASSAZIONE N. 25451/2016)

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