Premesso che la sig.ra S. R. ha ricevuto dal nostro staff la valutazione di procedibilità, si è ricorso a una Consulenza Tecnica Preventiva per tentare una conciliazione. Si riporta di seguito la bozza di Ctu e le note critiche e la relativa ed inquietante risposta del Ctu.
 
S. R., nata V., ivi residente in Viale S. D.
Anamnesi familiare: la mamma era affetta da artrosi dei piedi; nata e cresciuta bene; ha una figlia avuta all’età di 35 anni; scolarizzazione media inferiore; lavora come cassiera in supermercato da circa 5 anni, in precedenza ambulante.
Anamnesi patologica remota: nega patologie di rilievo; taglio cesareo; negata precedenti traumatici di sorta.
Relativamente ai fatti: da giovane accusava già problemi ai piedi (destro + sinistro senza predilezione di lato) la deambulazione era pressochè normale sino all’epoca del primo intervento. L’operazione è stata richiesta dopo che il dolore si era fatto più intenso e i piedi si erano deformati.
Alta cm 165, peso Kg 75. Indossa scarpe con plantari.
Esame obiettivo: cicatrici di interventi chirurgici sulla faccia dorsale del 2 e 3 MTT a sinistra, cicatrice analoga situata sul profilo laterale del 1 MTT sempre a sinistra; a destra analoghe cicatrici sulle medesime sedi; tutte le cicatrici sono bene consolidate. Presenza di alluce valgo di grado moderato bilateralmente con maggiore rilevanza destra; alluce rigido (in estensione e non appoggia) ed accorciato a sinistra rispetto a destra; atteggiamento a griffe più pronunciato a destra. Dolore pressorio intenso sul 2 e 3 MTT bilateralmente; appiattimento della volta plantare maggiore destra; postura sulle punte impossibile, sui talloni impacciata e difficoltosa, la deambulazione senza scarpe avviene con appoggio sul retropiede e profilo laterale degli stessi.
CONSIDERAZIONI MEDICO-LEGALI
Sulla scorta delle risultanze della visita medica, letti gli atti e i documenti di causa (comprese le relazioni tecniche già depositate e quelle prodotte nel corso del presente accertamento a chiarimenti della discussione del caso), possiamo avanzare le seguenti considerazioni medico-legali in ordine ai quesiti posti dal G.l.
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Sintesi delle vicenda clinica e medico legale
Risulta agli atti che la signora S. R. veniva ricoverata in data 23.9.2009 presso l’Ospedale di C. per essere sottoposta ad intervento di “alluce valgo sn”.
Successivamente effettuava controlli clinici e strumentali in data:
– 26.10.2009 RX piede sx ” … pregresso intervento di alluce valgo, frammenti non allineati con m.d.s metallico in sede endomidollare del frammento prossimale”;
– 9.11.2009 RX piede sx ” … esiti di intervento di Bosch di correzione del valgismo dell’alluce e deformità della testa del 2^ metatarsale a sinistra”.
Un esame del 15.4.2010 RX piede destro e sinistro “… a sinistra esiti di osteotomia, ben allineata e con consolidamento avanzato, esiti di malattia di Friberg a livello del secondo metatarso di sin; a destra è apprezzabile un alluce valgo marcato con tendenza alla sublussazione laterale della testa metacarpale”.
Lamenta in ricorso, non avendo risolto le problematiche dolorose, la signora S. in data 17.6.2010 era ricoverata presso la Clinica M.d.G. di V. con diagnosi di “alluce valgo sinistro” per essere sottoposta ad intervento chirurgico di correzione dell’alluce valgo a sinistra e associata la correzione di due dita a martello.
Più correttamente dalla visione delle immagini si può ritenere che trattasi di dita a griffe e non classicamente a martello.
Una radiografia del piede sinistro del 20.7.2010 (successiva al secondo intervento) mostra ” … esiti di osteotomia devalgizzante a carico della metatarso-falangea al I raggio, rimodellamento articolare della metatarso-falangea al II raggio, radice osteofitosica di spina sub e retrocalcaneare, ispessita la fascia plantare”.
Una radiografia effettuata in data 25.1.2011 (successiva al terzo intervento – primo al piede destro) documenta ” … marcata deviazione in valgo dell’asse articolare metatarso-falangeo dell’avampiede bilateralmente in esiti a pregressa correzione chirurgica con osteotomia metatarsale al primo raggio a sinistra con posizionamento di vite metallica transossea”.
In data 28.2.2011 era quindi nuovamente ricoverata presso la Clinica di V. con diagnosi di “osteomielite su recidiva alluce valgo” per essere sottoposta ad intervento chirurgico di “courettage del focolaio osteomielitico e correzione alluce valgo bilaterale”. Era dimessa in data 4.3.2011 con diagnosi di “osteomielite su pregresso intervento di alluce valgo bilaterale”.
Ha riferito la S. che a casa deambulava con stampelle per circa 20 giorni poi vi era ripresa progressiva nell’arco del mese successivo. Ha precisato che nello stesso periodo si assentava dal lavoro; rientrava all’inizio di giugno 2011.
In data 11.7.2012 la Saliani era visitata dal Dott. Galipò che redigeva relazione medico legale di parte che concludeva” … ITA gg. 60, ITP al 50% gg. 50, invalidità permanente 30%. In sede di discussione il Dott. Galipò ha ribadito detta valutazione precisando come il riferimento valutativo sia quello della funzione deambulatoria e come il 30% sia congruo con l’attuale limitazione dei detta funzione 1.
Per loro conto le Parti convenute hanno formulato con le memorie legali le seguenti deduzioni:
Parte convenuta ASL: – L’intervento indicato per correggere il grave valgismo del primo raggio prevedeva unicamente l’osteotomia del primo metatarsale con medializzazione della testa, fissaggio con filo di Kirschner e fasciatura semirigida.
L’esame radiologico di controllo del piede sinistro eseguito successivamente all’intervento in data 9.11.2010 mostrava gli esiti dell’esatta osteotomia, con correzione del valgo, i sesamoidi naturalmente in sede e soprattutto l’osteocondrosi della seconda testa metatarsale o lesione di Freinberg, patologia cui consegue inevitabilmente la osteonecrosi della seconda testa metatarsale. Tale ultima patologia risultava già presente prima dell’intervento chirurgico ed evidenziata dall’esame radiologico del 23.9.2009, il cui referto chiaramente evidenzia “degenerazione artrosica dell’articolazione metatarsofalangea del secondo dito piede sinistro”. Dalla documentazione prodotta risulta, pertanto, chiara l’erroneità degli assunti avversari e l’assenza di ogni responsabilità dei sanitari del nosocomio di C. :
a) La correzione del 1^ metatarsale appare infatti eseguita correttamente con esiti favorevoli per la paziente (esatta osteotomia risultante dall’RX del 9.11.2009);
b) I sesamoidi non sono stati asportati (risultando evidenti nello loro totalità in sede al controllo radiologico del 9.11.2009, successivo all’intervento);
c) Il preteso ”danno indotto sul 2^ metatarsale” era già in atto e causato dalla riscontrata lesione di Freiberg preesistente all’intervento chirurgico (esame RX del 23.9.2009, refertato in cartella).
L’insussistenza del fumus boni iuris risulta pertanto documentalmente.
Parte convenuta Assicurazione: Le allegazioni a fondamento del richiesto accertamento di responsabilità sono incentrate esclusivamente sulla modalità di esecuzione dei ripetuti intervento chirurgici eseguiti il primo, in data 9 novembre 2009, presso l’Ospedale di C. ed i successivi tre presso la Clinica a partire dal 17 giugno 2010. Nello specifico la signora S. censura gli interventi eseguiti presso la Casa di Cura per una non meglio precisata “assenza di strategia chirurgica” ed evidenzia come l’operato dei sanitari sia ispirato allo svolgimento di meri tentativi di risoluzione del problema senza una vera logica tecnico-scientifica. Tali affermazioni, oltre a fornire una versione dei fatti non veritiera mettono altresì in cattiva luce l’operato della Casa di Cura. Sul punto basterà ricordare che la signora S., nonostante “l’assenza di strategia chirurgica” tornò a chiedere nuovamente le cure dalla Casa di Cura anche per correggere il difetto fisico che affliggeva il piede destro. Tanto valga a dimostrare che la tesi della ricorrente non può essere accolta. A questo poi si aggiunga come anche la denunciata assenza di salubrità della sala operatoria risulta essere sfornita di prova; peraltro, nulla si specifica in ordine a quale sia la struttura della quale si denuncia l’assenza di salubrità della sala operatoria. Allo stato l’unico dato certo è la precedente condizione fisica della signora S., affetta da pregresse patologie ossee. Del resto, sarebbe davvero incomprensibile sostenere la tesi che l’insorto osteomielite che oggi affligge il fisico della signora Saliani debba essere ricondotta alla scarsa salubrità della sala operatoria. Da ciò l’infondatezza della domanda di accertamento della responsabilità della Casa di Cura stante la assenza di condotta colposa; sul punto si fanno proprie le considerazioni e le difese prestata dalla Casa di Cura sui fatti di causa. Peraltro, va ugualmente rilevato come la prestazione resa dalla struttura, nella sua complessità: formulazione della diagnosi, indicazione all’intervento ed esecuzione dello stesso, appaia corretta ed adeguata al caso concreto, non potendosi per converso escludere che i postumi allegati dalla parte attrice possano imputarsi a complicanze insite nell’atto operatorio, sia pure bene eseguito. Sulla indicazione dei postumi invalidanti e sulla quantificazione posposta dalla signora S. è in ogni caso doveroso ricordare che la valutazione del consulente di parte è, per sua stessa natura, priva di ogni valore probatorio.
Il complesso degli intervento eseguiti ha determinato danni anatomici e funzionali che impediscono alla paziente l’uso di scarpe di forma femminile, la deambulazione per lunghi tratti e perfino la prolungata stazione eretta.
Sempre Parte attrice per tramite del dott. Fiume, nel corso della discussione del caso ha osservato ulteriormente: il primo intervento è stato seguito da tale dolore da essere sottoposta a nuovo intervento e tale sfavorevole esito è riconducibile ad errore chirurgico per la verosimile sesamoidectomia.
Il secondo intervento è censurabile per osteotomia del secondo metatarso – MTT – condivisibile come indicazione ma i sanitari operatori hanno ripreso l’osteotomia precedentemente confezionata e, cambiando altezza e posizione della testa del primo MTT, hanno accorciato il secondo MTT determinando un sovraccarico anomalo sulle teste del primo e terzo MTT. Anche l’intervento sul piede destro ha avuto esito sfavorevole e questo può essere correlato alla mancata indicazione; peraltro, non ci sono certificazioni ed accertamenti preliminari utili alla migliore programmazione chirurgica.
Il Prof. D. L. aveva osservato che gli attuali esiti e la recidiva sono nelle sequele ordinarie; vi è discordanza tra referti e rilettura su immagini che porterebbero a vedere cose che non sono refertate vedasi sesamidectomia.
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Discussione del caso

Trattasi di paziente all’epoca 44enne affetta da rettocolite ulcerosa, (quindi teroricamente immunocompromessa) che in data 23.9.2009 era ricoverata presso l’Ospedale di C. per essere sottoposta ad intervento chirurgico per alluce valgo a sinistra.
I radiogrammi del 23/9/2009 consentono di rilevare quanto segue: alluce valgo bilaterale; degenerazione artrosica dell’articolazione metatarso-falangea del II dito piede sn. È quindi operata il 29/9/2009 con tecnica secondo Boetsch, vale a dire osteotomia del I metatarso, riduzione ed osteosintesi con filo. Non risulta essere stata eseguita antibioticoprofilassi.
I Consulenti della Parte attrice nel corso della discussione di CTU hanno segnalato che la visione della radiografia non consente di apprezzare a sinistra la presenza di uno degli ossi sesamoide così come invece a destra. I Consulenti di Parte convenuta hanno osservato nelle loro memorie come i radiogrammi offrissero, tra gli altri reperti, quelli di normalità dei sesamoidi.
Ad ogni buon conto, l’assunto di Parte attrice non trova conferma negli atti di refertazione della lastra (documento in atti), non era mai stato rilevato da Parte attrice nel corso dell’istruttoria medico legale del caso né lamentata in citazione, non è stata prodotta secondo rito civilistico rilettura da parte di radiologo abilitato alla refertazione delle lastre.
 
In data 15/4/2010 nuovo controllo radiografico: esiti osteotomia metarsale BEN ALLINEATA, in consolidamento avanzato; esiti malattia di Friberg II metatarso. Ri-operata per recidiva alluce valgo sin il 17/6/2010: osteotomia metatarsale ed osteosintesi con vite di Barouk; non risulta eseguita profilassi antibiotica; era invece prescritto Augmentin alla dimissione. L’RX del 25/1/2011 è così refertata: a sin osteosintesi I metatarso con vite; a dx alluce valgo marcato.
Le tecniche per correggere chirurgicamente un alluce valgo o per affrontare una recidiva dello stesso sono in letteratura oltre cento, pertanto, la scelta è operatore-dipendente e darebbe seguito a censura solo se diverse dalle opzioni accettate dalla scienza di settore ovvero, sebbene ricompresa tra detta elencazione, non risulti indicata per il caso di specie.
Nessuna delle ipotesi di inadeguatezza ricorre nel caso della signora S.
In ordine, poi, alle sequele dell’intervento medesimo va rappresento come la recidiva sia una complicanza comune dell’intervento di correzione, con prevalenza intorno al 15% (Okuda e coll., 2011), percentuale in aumento considerando il recente incremento del numero totale degli interventi eseguiti nel mondo.
La recidiva può manifestarsi dopo pochi mesi o a distanza di anni, a prescindere dalla tecnica utilizzata.
Tuttavia, sembrerebbe che l’incompleta correzione dei sesamoidi possa favorirla (Okuda e coll, 2009). La recidiva a cui l’attrice è andata incontro lo dimostra: tecniche completamente differenti hanno determinato lo stesso risultato a distanza, cioè il ripresentasi della deformità. Inoltre, va sottolineato che i sesamoidi, tutti presenti bilateralmente, mostrano radiograficamente una incompleta correzione, sin dal momento del primo intervento.
Questo aspetto può ragionevolmente aver favorito sempre il ripresentarsi della deformità. In tal senso è ravvisabile una imperfezione tecnica nel contesto di tutte le procedure adottate fin dall’inizio della vicenda clinica.
Del tutto confusa è, poi, la vicenda in occasione del successivo ricovero avvenuto sulla base di una diagnosi di osteomielite.
Al momento del ricovero, viene indicata la presenza di una osteomielite bilaterale: è per questo eseguito un curettage a destra. Tuttavia, l’alluce destro (oggetto di questo trattamento) in questa fase delle vicenda clinica, stante gli atti in fascicolo non risulta ancora operato, né tale aspetto viene richiamato dalla Parti convenute. Al contrario, l’alluce sinistro, in questa fase operato già due volte, poteva sviluppare una infezione post-chirurgica. Verosimilmente si è trattato di una omissione documentale di trattamento chirurgico a destra della cui mancata prova tuttavia non si dolgono neanche le Parti convenute, in qualche misura asseverando un trattamento non documentato ma eseguito.
In ogni caso, l’aspetto maggiormente censurabile rimane l’errata gestione chirurgica e post-chirurgica dell’osteomielite (Lew DP, Waldvogel FA. Lancet. 2004; Faimow,2009; Kishner e coll, Medscape 2012) nell’ordine rappresentano importanti inadeguatezze: l’impianto di mezzi di sintesi metallici a livello dell’ipotetico focolaio infettivo, mancanza di biopsia e di una adeguata e specifica copertura antibiotica.
In aggiunta, l’antibiotico prescritto alla dimissione, indicato per le affezioni respiratorie, era del tutto inappropriato a trattare infezioni dell’osso, laddove realmente esistente.
Infine, va considerata la totale mancanza di documentazione diagnostica e procedurale riguardante l’intervento di osteotomia metatarsale con osteosintesi del II-III metatarso. L’indicazione poteva essere fornita in relazione alla deformazione di Frieberg della testa del II metatarso a sinistra, mentre non è nota la diagnosi per le altre dita (a martello, a griffe?). Comunque, la procedura non è descritta configurando una grave carenza documentale a conforto di un operato chirurgico inappuntabile come era da attendersi.
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RISPOSTA AI QUESITI
Sulla scorta delle considerazioni sopra proposte può rispondersi ai quesiti formulati dal Sig. Giudice così come di seguito:

  • Accerti il CTU quali soggetti intervenuti in relazione al fatto di causa e quali attività sanitarie siano state poste in essere dai soggetti chiamati in causa; se le attività sanitarie stesse siano state eseguite correttamente secondo le regole della scienza medica e i relativi protocolli ove esistenti, accerti ancora la sussistenza o meno del danno lamentato da parte ricorrente quale derivazione dell’attività sanitaria espletata

Risulta agli atti che la signora S. R. nel settembre 2009 era ricoverata presso l’Ospedale di C. e ivi sottoposta ad intervento per correzione di alluce valgo a sinistra. Nell’estate, 17.6.2010, Parte attrice era ricoverata presso la Clinica di V. per medesima patologia.
Le due Strutture di cui sopra sono quelle coinvolte nella vicenda in questione. In particolare, l’esame del caso ha fatto emergere profili di inadeguatezza nell’operato dei sanitari della Clinica di V. per una procedura difettosa ed insufficiente di revisione eseguita per recidiva dell’alluce valgo a sinistra. Inoltre, da parte dei medesimi sanitari, è emersa un’errata gestione chirurgica e post-chirurgica dell’osteomielite caratterizzata da importanti inadeguatezze (impianto di mezzi di sintesi metallici a livello dell’ipotetico focolaio infettivo, mancanza di biopsia e di una adeguata e specifica copertura antibiotica).

  • Verifichi se la persona offesa abbia riportato lesioni fisiche in rapporto causale con gli interventi in oggetto, prescrivendole in caso affermativo e verificando anche l’eventuale influenza di stati patologici preesistenti e/o sopravvenuti sul loro decorso ed evoluzione;

Trattasi di paziente all’epoca 44enne affetta da alterazioni degenerative-malformative delle dita di entrambi i piedi ed in particolare con alluce valgo a sinistra (necessitante di più precoce intervento correttivo) nonché dita a griffe ed alluce valgo a destra. In comorbilità risulta anche una rettocolite ulcerosa.
La situazione anatomica e disfunzionale erano tali da determinare già prima dell’intervento del 29/9/2009 un discreto complesso menomativo.
Una procedura medico-chirurgica adeguata avrebbe comunque lasciato dei postumi ed ordinariamente il trattamento specifico è accompagnato da successo relativo, comunque non restitutio ad integrum.
Nel computo degli attuali esiti vanno quindi scorporati dalla disfunzionalità e dai pregiudizi complessivi, la modesta quota di postumi attesi nel caso di appropriata cura medico-chirurgica.

  • determini la durata dell’invalidità temporanea assoluta e parziale eventualmente conseguente agli interventi;

Al riguardo del pregiudizio temporaneo, richiamando le considerazioni proposte in ordine al maggior danno, può ritenersi giustificato computarlo come segue:
invalidità temporanea assoluta giorni 15;
invalidità temporanea parziale al 75% giorni 40;
invalidità temporanea parziale al 50% giorni 30;
invalidità temporanea parziale al 25% giorni 210

  • Accerti al sussistenza di postumi permanenti correlabili alle lesioni di cui la punto 1) descrivendo le conseguenti menomazioni anatomiche e funzionali (ivi compreso il danno estetico), valutandone la negativa incidenza percentuale sulla integrità psicofisica ella persona offesa sulla base dei riferimenti tabellari indicativi di legge (e/o baréme di R:C.);

L’attuale danno biologico permanente, qualificabile come maggior danno rispetto a quello atteso in caso di appropriato trattamento, è valutabile nella misura dell’otto percento (8%).

  • Valuti l’incidenza dei postumi accertati sugli aspetti dinamico-relazionali e personali con adeguato parametro descrittivo e motivata quantificazione del maggior danno biologico esprimendolo eventualmente con fasce di maggiorazione percentuale alla luce delle condizioni soggettive del danneggiato;

I postumi attuali condizionano una deambulazione difficoltosa ancorché sia la marcia su terreni regolari che non risulta bene espletabile, così pure l’assunzione di posture in ortostatismo. Va ribadito che in epoca precedente all’intervento la situazione deambulatoria non era integra e la sindrome dolorosa risultava importante. La correzione di una siffatta condizione non avrebbe comunque raggiunto la restitutio ad integrum.

  • Valuti la consistenza effettiva della sofferenza soggettiva psico-fisica e del dolore con adeguato parametro descrittivo e motivate indicazioni del grado di intensità (lieve, moderata, marcata e grave) e durata, tenuto conto della natura ed entità del complesso lesivo-menomativo, dell’iter clinico, delle terapie effettuate e ne valuti l’eventuale degenerazione patologica;

Gli sfavorevoli esiti medico-chirurgici hanno determinato una sofferenza soggettiva di grado lieve e transitorio.

  • In caso di risposta positiva, accerti quali sono le cause e i messi che hanno prodotto il danno lamentato da parte attrice; accerti inoltre la sussistenza di un’azione o di un’omissione di un atto medico che – sulla base della comune esperienza in materia (“id quod plerumque accidit”) ed in rapporto alle caratteristiche nosografiche del caso in esame – era da ritenere indicata per la diagnosi e cura stabilendo il valore di tale atto e cioè se esso – al momento – si presentasse utile, opportuno, necessario od indispensabile;

Il quesito ha trovato risposta nei punti precedenti.

  • Precisi se si rendeva prevedibile l’evento, il cui verificarsi avrebbe dovuto essere impedito; perciò se – in ipotesi generale- era prevedibile che l’atto medico omesso o compiuto avrebbe evitato l’evento medesimo;

Con buona probabilità una migliore procedura chirurgica insieme ad una più adeguata copertura antibiotica in una paziente già immunocompromessa avrebbe evitato il verificarsi delle complicanze che a loro volta sono state determinanti per gli sfavorevoli esiti attuali.

  • Determini se l’azione omessa poteva essere realmente espletata, tenuto conto delle condizioni del paziente, delle circostanze di tempo e di luogo, della qualifica professionale dei sanitari e delle attrezzature disponibili;

Le procedure censurate potevano trovare migliore ed appropriata realizzazione.

  • Accerti il CTU i diversi profili e gradi di responsabilità, se esistenti, di tutti i soggetti coinvolti onde accertare il diverso ruolo in termini causali nella produzione dell’evento e le diverse responsabilità professionali agli sessi riconducibili.

Le quote di danno biologico temporaneo e permanente sono tutte ascrivibili alle condotte censurate, a partire da quelle erogate presso la Clinica nel giugno 2010.

IL C.T.U.

NOTE CRITICHE ALLA CONSULENZA TECNICA DI UFFICIO
La consulenza tecnica d’Ufficio del Dr. R. risulta oggettivamente incondivisibile sia in merito all’an debeatur che al quantum.
Procediamo per gradi ritenendo necessaria anche la formulazione di specifici chiarimenti al ctu sulle inaccettabili risposte date ai quesiti, affinchè nelle sue controdeduzioni eviti di essere evasivo ed incongruo.

  • Responsabilità dei sanitari dell’Ospedale di C.:

Il dr. R. insieme al suo ausiliario ortopedico ha evidenziato che le condizioni attuali della sig.ra S. dipendono da una “non buona procedura chirurgica insieme ad una inadeguata copertura antibiotica…”
Su quanto affermato dal CTU ci troviamo d’accordo, ma non risulta spiegato dal CTU il motivo della esclusione di responsabilità da parte dei sanitari di C.
Il CTU nella sua bozza peritale afferma “…Tuttavia, sembrerebbe che l’incompleta correzione dei sesamoidi possa favorirla (Okuda e coll, 2009). La recidiva a cui l’attrice è andata incontro lo dimostra: tecniche completamente differenti hanno determinato lo stesso risultato a distanza, cioè il ripresentarsi della deformità. Inoltre, va sottolineato che i sesamoidi, tutti presenti bilateralmente, mostrano radiograficamente una incompleta correzione, sin dal momento del primo intervento”,
dopo di che, nelle sue conclusioni afferma che la responsabilità degli attuali postumi dipenda dal solo operato dei sanitari della Clinica.
Questa affermazione non è congrua per due motivi:

  • senza la prima recidiva la paziente non avrebbe subito ulteriori interventi al piede sx per cui i sanitari della clinica non sarebbero stati “travolti” dai propri errori e dunque lo status attuale del piede sx sarebbe stato di gran lunga migliore (come afferma lo stesso ctu che parla di “modesta quota di postumi attesi nel caso di appropriata cura medico-chirurgica”);
  • in caso di esito positivo della correzione chirurgica al piede sx la paziente si sarebbe fatta operare al piede dx sempre a C. e non in Clinica.

Per quanto suddetto appare verosimile che in assenza errori chirurgici nel primo intervento i sanitari della Clinica non avrebbero preso parte alle cure chirurgiche della sig.ra S.
Insomma si vuole affermare che non esiste interruzione causale tra gli operati dei sanitari delle due strutture, per cui il CTU dovrà assolutamente esprimersi a riguardo valutando percentualmente la responsabilità di ogni struttura sugli esiti attuali della sig.ra S.
Per correttezza intellettuale lo scrivente presume che sarebbe difficile non dividere pariteticamente le responsabilità, però con piacere e curiosità si leggerà il parere del CTU a riguardo.
Sempre per onestà intellettuale si vorrebbe evidenziare che quanto affermato dai convenuti sulla preesistenza della lesione di Freiberg, la teoria sembra affascinante ma non veritiera in quanto leggendo il referto radiologico del 23.09.2009 si faceva menzione di “una degenerazione artrosica dell’articolazione metatarso-falangea del II dito del piede sx” che certamente non corrisponde al quadro radiologico della malattia di Freiberg che è caratterizzata da “testa metatarsale appiattita, deformata, metalizzata o frammentata”.

  • Conclusioni valutative dei postumi permanente e della sofferenza:

Il CTU nelle risposte ai quesiti ha affermato che il danno biologico legato alla malpractice medica è da valutarsi nella misura dell’8% senza ulteriori specifiche.
Con sofferenza interiore, il sottoscritto evidenzia che le valutazioni medicolegali del dr. R. non tengono conto di alcuni concetti essenziali:

  1. la valutazione va motivata perfettamente tenendo conto dell’incidenza funzionale dei postumi sugli organi e apparati su cui incidono;
  2. deve far riferimento ai barémé della R. C. e devono seguire i criteri della proporzionalità e dell’analogia;
  3. quando si tratti di quantificare un maggior danno, il medico valutatore esperto in medicina legale deve segnalare l’entità % dei postumi che sarebbero comunque seguiti ad un trattamento chirurgico o comunque ad una qualsiasi terapia, in quanto è noto che un intervento chirurgico si fa per migliorare e non per avere una restitutio ad integrum.

Non sembra che dalla bozza peritale si evinca quanto suddetto, né si spera che il collega risponda con quanto ha affermato durante le operazioni peritali, ossia che il 30% richiesto in perizia dal sottoscritto equivale ad una amputazione del piede, perché ricordo che risponderei così a tale affermazione (come già fatto in contraddittorio):

  • la valutazione dei postumi va fatta su entrambi i piedi;
  • che le menomazioni sono assolutamente concorrenti e incidono sulla capacità deambulatoria (organo della deambulazione);
  • che la paziente a piedi scalzi non può deambulare se non per pochi passi a causa del dolore che prova;
  • che la paziente, malgrado i presidi protesici che utilizza nel sol tipo di calzature che può indossare, non può stare in stazione eretta per troppi minuti e non può deambulare senza non fermarsi per lunghi tragitti;
  • che il concetto dell’analogia e della proporzionali va assolutamente fatto sulla perdita dell’efficienza funzionale dell’organo della deambulazione che com’è noto quando è totalmente compromesso ha un valore di danno biologico pari all’85%.
  • che il danno biologico non può NON ricomprendere il danno estetico che la paziente ha subito a causa degli esiti.

Dunque sembra necessario che il CTU motivi la quantificazione dell’8% espressa in bozza peritale.
In base soprattutto a quanto suddetto non può il CTU non esprimersi sull’incidenza negativa degli attuali postumi sia sulla cenestesi lavorativa che sulla qualità di vita.
Sempre per quanto suddetto, infine, appare a dir poco “insensibile” oltre che assolutamente incongrua la risposta al quesito n° 6).
Il CTU conclude che la sofferenza patita dalla paziente sia stata di grado lieve e transitoria!!!
Bene, allora chiarisca le seguenti perplessità dello scrivente ctp:

  • qual è la differenza tra la sofferenza di grado lieve e quella di grado moderato o marcato;
  • avendo lo stesso CTU riconoscituto 295 gg di invalidità temporanea come si può pensare che sia stato di lieve entità quando la paziente per deambulare necessitava anche di due stampelle;
  • come si può dire che la sofferenza sia fisica che psichica sia stata transitoria quando la paziente non può deambulare a piedi scalzi (neanche sulla sabbia/arenile delle spiagge) a causa del dolore e neanche con presidi ortopedici può stare a lungo in posizione eretta e o deambulare (sempre per lunghi tratti)?

In conclusione lo scrivente non ritiene che la propria valutazione sia troppo lontana da quella accertabile attualmente sulla paziente (25-30%) e che la sofferenza nel periodo di malattia sia stata moderata-grave e attualmente cronicizzata in quanto ancora presente e attuale fino alla morte!
Si rimane in attesa di leggere delle controdeduzioni ben motivate e non evasive affinchè anche il Giudice (non medico legale) e finanche la paziente S. possano condividerle.
RISPOSTA ALLE NOTE DEL CTU
Appare di tutta evidenza come gli aspetti medico-legali non possano riguardare deduzioni estranee al novero delle condotte da analizzare, peraltro del tutto arbitrarie, secondo le quali la paziente avrebbe continuato le cure presso il primo nosocomio e non si sarebbe rivolta alla Clinica in caso di diverso risultato. L’ipotesi postulata potrebbe anche essere condivisa ma in questa sede vale la pena rilevare che la questione non assume alcun significato ai fini medico legali perché anche prestazioni in altra sede avrebbero potuto sortire risultato non adeguato. Inoltre, non è dato sapere le reali ragioni per le quali la paziente avrebbe interrotto il suo rapporto con l’Ospedale di C., posto che la stessa S. dopo aver riscontrato un risultato non appropriato eseguito presso la Clinica ha comunque continuato ad affidarsi allo stesso sanitario ed alla stessa Clinica.
In ogni caso, la consulenza si è espressa sulla condotta dei sanitari dell’Ospedale di C. ritenendo la stessa adeguata ancorchè gravata da una complicanza (recidiva) prevista e non riferibile ad opzione chirurgica errata. È noto che l’obbligo sanitario di garantire giuste scelte terapeutiche e migliori mezzi per ottenerle non annulla mai il rischio di sequele non propriamente favorevoli. In dettaglio, nel caso della Saliani non sono ravvisabili errori  tecnici da parte degli operatori dell’Ospedale di C. Peraltro né dalla prima memoria della Parte attrice né all’interno dell’elaborato di osservazioni che qui si commenta viene emarginata lo specifico errore chirurgico degli operatori dell’Ospedale di C. limitandosi all’assunto che stante il risultato non propriamente favorevole vi sia stata una condotta errata.
Al riguardo della valutazione le richieste della Parte attrice sono chiaramente indirizzate in due essenziali direzioni; la prima attiene agli strumenti ed alle guide valutative utilizzate, la seconda alla procedura di maggior danno che il Consulente di Parte attrice richiede di specificare nel dettaglio. Entrambe le istanze sono qui meritevoli di approfondimento. In tema di valutazione del danno va rappresentato al sig. Giudice che le Tabelle di stima del pregiudizio di cui si parla hanno conosciuto nel frangente temporale interessante anche la presente vicenda un sostanziale costante orientamento di valori da attribuire alla funzione lesa nel caso della S. In tal senso, vanno richiamate, essendo state complessivamente tutte verificate per il caso di specie, le guide di M. Bargagna et al., Guida Orientativa per la valutazione del danno biologico permanente, Giuffrè Ed.1996 e 2001, quella di Ronchi et al., Guida alla valutazione medico-legale dell’invalidità permanente, Giuffrè Ed. 2009; così pure la guida di L. Palmieri et al., La valutazione medico-legale del danno biologico in responsabilità civile, Giuffrè Ed. 2006; da ultima quella di G. Cimaglia et P. Rossi, Danno biologico – Le tabelle di legge, Giuffrè Ed. 2006. Il riferimento funzionale generale è stato quello pure indicato dal CT della Parte attrice, vale a dire il pregiudizio deambulatorio, ma anche quello estetico e quello doloroso persistente. Sempre in tema di stima il primo passaggio eseguito è stato quello di procedure, con presunzione di atti e documenti, alla qualificazione del difetto deambulatorio e doloroso preesistente agli interventi (ricordiamo che trattavasi di paziente all’epoca 44enne affetta da alterazioni degenerative-malformative delle dita di entrambi i piedi ed in particolare con alluce valgo a sinistra, necessitante di più precoce intervento correttivo, nonché dita a griffe ed alluce valgo a destra), quindi si è proceduto a stabile con medesima procedura la stima del danno atteso in caso di intervento non complicato, escludendo da tali postumi quelli che invece si sono verificati a seguito delle condotte censurate. Per poter giungere alla stima utile in termini “risarcitori” si è quindi stimato il complesso dei postumi oggi apprezzabili (così come riportati) stimandoli nella misura del 16 – 17%, si è poi scorporato da tale complesso il pregiudizio atteso in caso di procedura non gravata dalle condotte iatrogene inadeguate riconducibile ad un range di danno biologico nella misura del 8 – 9%, pervenendo quindi ad una danno “risarcibile dell’otto percento (8%). Non sono state portate osservazioni al riguardo della stima del pregiudizio temporaneo effettuato in bozza di CTU che qui si ribadisce:
invalidità temporanea assoluta giorni 15; invalidità temporanea parziale al 75% giorni 40; invalidità temporanea parziale al 50% giorni 30; invalidità temporanea parziale al 25% giorni 210.
Il CTP lamenta “anche una incidenza sulla cenestesi lavorativa e sulla
qualità di vita”. Posto che in tema di qualità della vita gli aspetti soggettivi personali non attengono all’apprezzamento medico legale al di là di quanto già rimesso nella bozza. Tuttavia accogliendo le richieste di approfondimento del Consulente di parte attrice segnalo che:
– ribadito come la S. non abbia dedotto nelle memorie alcun momento realizzativo dell’integrità psico-fisica, individuale e personale, diverso da quelli già oggetto di analisi in CTU, che sia venuto meno per gli esiti oggi in discussione,
– tenuto conto che qualsivoglia ripercussione lavorativa o qualitativa della vita della paziente è comunque effetto del complesso dei postumi e solo in misura parziale di quelli derivanti dalle condotte censurate,
– richiamata ancora la modestia complessiva, rispetto alla validità totale, dei postumi iatrogeni, può concludersi che non risultano apprezzabili sequele, peculiari personali e/o lavorative degne di apprezzamento medico-legale, ulteriori rispetto a quanto già rimesso in bozza di CTU. Al riguardo di questi ultimi, quindi, si ribadisce che i postumi attuali condizionano una deambulazione difficoltosa ancorché sia la marcia su terreni regolari che non risulta bene espletabile, così pure l’assunzione di posture in ortostatismo. Così pure va ribadito che in epoca precedente all’intervento la situazione deambulatoria non era integra e la sindrome dolorosa risultava importante. La correzione di una siffatta condizione non avrebbe comunque raggiunto la restitutio ad integrum.
Il CT di Parte attrice contesta il grado della “sofferenza patita dalla paziente …”
In tema, rilevato come non appaia corretto impegnare il CTU di dimostrazioni che lo stesso CT di Parte attrice, sul quale ricade l’onere di richiedere e giustificare il danno patito, non affronta neanche nelle osservazioni.
Certamente il livello di intensità di una sofferenza non può essere correlata alla circostanza che la stessa deambulava con due bastoni, rilevato altresì che tale importante limitazione funzionale ha riguardato solo una piccola parte dei 295 giorni di invalidità.
Al riguardo va peraltro rappresentato al sig. Giudice come il Consulente che oggi lamenta insoddisfazione per la valutazione medico legale, non congrua sofferenza lieve a fronte di 295 giorni di invalidità temporanea, avesse concluso la propria relazione medico legale di parte con la richiesta di complessivi 110 giorni di invalidità temporanea (” … ITA gg. 60, ITP al 50% gg. 50).
Ad ogni buon conto la sofferenza della persona è espressione di un insieme di fattori dovuti alla natura del difetto temporaneo, ai correlati sintomatologici, alla qualità della vita durante la malattia, alle necessità di cure, etc. Ebbene nella vicenda in esame appare di tutta evidenza come tutti questi elementi, senza apportare paragoni ed esempi (si pensi comunque a: menomazioni neurologiche centrali e periferiche, tumorali, amputazioni complicate, sindromi dismetaboliche, allettamenti prolungati, etc) è congruamente inquadrato nello scaglione “lieve”.

IL CTU

Carissimi lettori Avvocati, Giudici e medicolegali, Vi sarei grato se esprimeste il vs parere su queste risposte del ctu alle note del sottoscritto così da aprire un interessante dibattito, in quanto la mia opinione, che pubblicherò nei prossimi giorni su queste pagine, evidenzierà quelle che credo siano i vizi della consulenza.
 

Carmelo Galipò

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