Il tema della sicurezza informatica si impone sempre di più anche alle aziende italiane, comprese quelle sanitarie. Ma l’atteggiamento nei confronti di questa nuova sfida sembra essere ancora inadeguato

Sui 450 principali fornitori al mondo di programmi di sicurezza informatica, solo nell’ultimo trimestre del 2016 ci sarebbero stati oltre 700 mila attacchi al minuto contro le organizzazioni sanitarie. E’ quanto emerge da uno studio condotto dall’azienda multinazionale Fortinet, specializzata in cyber security, che evidenzia come i dati sanitari siano uno dei principali obiettivi della pirateria informatica.
Il problema della cyber security è stato al centro del primo convegno nazionale incentrato su ‘Cyber risk in sanità’, promosso a Milano dal Gruppo ospedaliero San Donato con la collaborazione della Regione e il patrocinio di ministero della Salute, Assolombarda, Aiop-Associazione italiana ospedalità privata, università degli Studi di Pavia e Ordine degli ingegneri della provincia di Milano. “Considerate le implicazioni etiche e morali che devono muovere ogni nostro operato, con il bene del malato sempre al centro – ha affermato Davide Rizzardi, responsabile del Servizio di prevenzione e protezione dell’Irccs Policlinico San Donato – è obbligatorio muoversi e organizzarsi per invertire questa tendenza preoccupante”.
“Se oggi i dati hanno tanto valore e sono diventati la commodity più scambiata in assoluto, c’è anche qualcuno che immagina di ricavarci qualcosa”, ha sottolineato Giuliano Tavaroli, consulente per le aziende contro il rischio digitale. “I dati hanno superato gli scambi finanziari e di trading”, ha spiegato l’ex responsabile sicurezza dei gruppi Pirelli e Telecom, che ha rimarcato le insidie di un’epoca in cui “la scienza prenderà sempre più il controllo di tutte le nostre attività quotidiane”.
Una rivoluzione che ha travolto anche la sanità, dove il digitale è ormai ovunque; basti pensare all’internet delle cose, dove peraltro, sembra esserci la falla più grande. I ricercatori del FortiGuard Labs, secondo quanto riporta l’AdnKronos Salute, hanno contato circa 2 milioni di tentativi di hackerare un sistema operativo usato in sanità per far funzionare dispositivi medici, pompe di infusione e monitor personali. Di fronte a tale scenario gli esperti che si sono confrontati a Milano hanno evidenziato l’esigenza di cambiare completamente la nostra filosofia infrastrutturale. “Il settore sanitario – ha affermato ancora Rizzardi – ha operato il passaggio dal dato cartaceo al dato digitale per ragioni di efficienza. Solo successivamente gli enti sanitari, gli ospedali e i medici hanno cominciato a preoccuparsi della sicurezza dei dati, sotto la propulsione di normative e di una nuova consapevolezza acquisita a causa del numero di violazioni avvenute”.
Nelle imprese italiane la consapevolezza in tema di sicurezza informatica sta crescendo, come dimostra l’aumento della spesa in soluzioni dedicate, che nel 2016 ha raggiunto i 972 milioni di euro con un’aumento del 5% rispetto al 2015. Questo, tuttavia, non basta. L’Osservatorio Information Security & Privacy, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano, ha infatti rilevato che nel nostro Paese l’atteggiamento delle aziende è ancora inadeguato: solo il 39% delle grandi società vanta piani di investimento pluriennali, soltanto il 46% ha in organico un ‘Chief information security officer’ e appena il 15% avrebbe attivato assicurazioni sul rischio di attacchi cybercriminali.

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