Un’ordinanza della Cassazione ha fornito chiarimenti in merito ai danni causati da animali selvatici e a come farsi risarcire

Come fare a ottenere un risarcimento per i danni causati da animali selvatici?
La Corte di Cassazione penale, con l’ordinanza n. 27543/2017, si è occupata di un interessante caso di risarcimento per danni causati da animali selvatici.
Ebbene, i giudici hanno chiarito che, in questa circostanza, il danneggiato deve dimostrare anche la colpa dell’ente gestore della strada.

Secondo la Cassazione i danni causati da animali selvatici sono risarcibili solo se c’è colpa dell’ente pubblico proprietario e/o gestore della strada in cui è avvenuto l’evento dannoso.

Nel caso di specie, il Tribunale de L’Aquila, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva rigettato la domanda di risarcimento danni proposta da un soggetto nei confronti della Regione Abruzzo. La domanda era stata rivolta “per i danni riportati dall’autovettura di sua proprietà a seguito di collisione con un cinghiale comparso improvvisamente sulla strada”.
Il Tribunale de L’Aquila aveva ritenuto che non sussistessero i presupposti per il risarcimento, di cui all’art. 2043 c.c.. Per i giudici, infatti, non era stata provata la colpa della Regione, in termini di vigilanza.
Il Giudice aveva evidenziato che non era stata dimostrata né “l’esistenza di fonti incontrollate di richiamo della selvaggina verso la sede stradale”, né “la mancata adozione di tecniche di captazione degli animali verso le aree boscose lontane da strade e da agglomerati urbani”.
Il Tribunale ha poi ricordato due sentenze della Cassazione (n. 7080 del 2006 e n. 5202 del 2010), precisando che il soggetto tenuto alla vigilanza sugli animali selvatici o il gestore/manutentore delle strade, non ha l’obbligo di “provvedere alla recinzione o segnalazione generalizzata dei perimetri boschivi”. E non ha nemmeno l’obbligo di provvedere alla “illuminazione notturna di strade lontane dai centri abitati”.
Il soggetto, titenendo la decisione ingiusta, si è rivolto in Cassazione.
La Corte, tuttavia, lo ha dichiarato inammissibile.

A suo avviso, ai sensi dell’art. 2043 c.c., il danneggiato è tenuto a dimostrare, non solo il danno, ma “anche il concreto comportamento colposo ascrivibile all’ente tenuto al controllo della fauna”.

A questo proposito i giudici hanno citato la sentenza n. 24895 del 2005, che afferma quanto segue.
“Il danno cagionato dalla fauna selvatica non è risarcibile in base alla presunzione stabilita dall’art. 2052 cod. civ., inapplicabile per la natura stessa degli animali selvatici, ma soltanto alla stregua dei principi generali sanciti dall’art. 2043 cod. civ., anche in tema di onere della prova, e perciò richiede l’individuazione di un concreto comportamento colposo ascrivibile all’ente pubblico”.
Pertanto, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dal danneggiato, confermando integralmente la sentenza impugnata. Il ricorrente è stato condannato anche al pagamento delle spese processuali.
 
 
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