Ho grande stima del collega Enrico Pedoja e molto spesso mi trovo in accordo con lui su questioni specifiche che riguardano la professione medico legale. In questa occasione, in particolare, credo sia importante soffermarsi sui concetti espressi in una sua recente memoria, che allego a questo mio intervento.
Pedoja evidenzia la necessità di modificare la definizione del danno biologico, aspetto che risulta fondamentale per tutta la categoria medico legale, oltre che per i Giudici, soprattutto alla luce di alcune recenti sentenze della Corte Costituzionale in cui il danno biologico viene considerato una sorta di “danno onnicomprensivo”, finanche della sofferenza morale.
Ogni sforzo, in questo campo, è da tempo indirizzato alla necessità di “tabellare” tutto, dalla disfunzionalità degli apparati/organi al valore economico della menomazione. Come se l’equa valutazione passasse esclusivamente attraverso la massima semplificazione e la schematizzazione di ogni valore umano.
Da tempo sostengo che la tabellazione del danno rappresenti una grande limitazione per l’equo risarcimento. A questa situazione siamo arrivati attraverso alcune sentenze della Corte Costituzionale, in cui i giudici sembrano aver perso l’obiettivo prioritario della tutela del cittadino e della collettività.
Perché contenere in scatole chiuse il valore dell’uomo? Perché limitare la personalizzazione del danno? Perché tutti dobbiamo essere uguali nel “sentire” un dolore e/o nel sopportarlo? In che modo la frattura di un arto inferiore può portare a conseguenze uguali per tutti?
E’ la stessa Corte di Cassazione che in questi anni ha sollevato questo tipo di interrogativi, grazie al lavoro e all’impegno di Giudici che hanno davvero fatto ragione di vita del rispetto dell’esistenza dell’uomo.
La Medicina Legale ha già un grosso limite strutturale: di doversi contenere in un unico 100% per valutare la validità di un individuo. questa condizione di partenza spesso fa a pugni con la logica dei diversi sistemi organo-funzionali di un soggetto. A questo si aggiunge che i Giudici, oberati da molteplici compiti, inevitabilmente hanno necessità di semplificare.
Dove si trova, però, la verità? Nella semplificazione o nella personalizzazione? Che differenza esiste tra danno biologico tabellare, sofferenza morale e attività quotidiane della vita?
Personalmente credo che non sia possibile racchiudere in tabelle medico legali di menomazione tutti gli aspetti che riguardano la salute dell’essere umano. E che la medicina legale debba essere assolutamente libera da ogni condizionamento, esclusivamente a tutela di ogni cittadino.
L’interesse di tutta la medicina legale deve essere quella del dialogo esclusivo tra persone (i medici legali) che hanno lo stesso intento, ossia quello della tutela del cittadino. Per questo urge un confronto nell’ambito della medicina legale per affrontare i cambiamenti di cui c’è assoluto bisogno.
 

Dr. Carmelo Galipò

(Pres. Accademia della Medicina Legale)

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