Secondo i giudici, il danno da fermo tecnico va provato se si invoca un risarcimento

Il danno da fermo tecnico – ovvero quello derivante dall’indisponibilità dell’autoveicolo durante il tempo necessario affinché quest’ultimo venga riparato –  dovrà essere allegato e provato da colui che ne invoca il risarcimento, a prescindere dal fatto che sia sotto forma di danno emergente o di lucro cessante.
Lo ha precisato la III sezione civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 13718/2017, con la quale il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata che, a seguito di incidente stradale, aveva accolto la sua richiesta di risarcimento dei danni subiti dal veicolo.
Tuttavia, l’uomo ha censurato in Cassazione la mancata liquidazione del danno da fermo tecnico che gli Ermellini avevano ritenuto dovesse essere oggetto di una specifica dimostrazione, non potendosi ritenere esistente per il solo fatto che il veicolo non aveva circolato perché, appunto, in riparazione.
Il ricorrente, però, ha sostenuto che l’esigenza di una prova specifica dovesse sussistere solo nell’ipotesi in cui il pregiudizio in questione si fosse configurato a tutti gli effetti come danno emergente, mentre nel caso in cui – come nella specie –  venga richiesto quale lucro cessante (ovvero come mancato guadagno che si sarebbe prodotto se l’inadempimento non fosse stato posto in essere), esso dovrebbe essere risarcito, in quanto conseguenza automatica dell’incidente.
La Cassazione ha però ritenuto infondato tale motivazione, sebbene sul tema della specifica dimostrazione del danno da fermo tecnico sussista un notevole contrasto giurisprudenziale.
Un orientamento precedente sostiene che il danno da fermo tecnico sia liquidabile in via equitativa, indipendentemente da una prova specifica in ordine al pregiudizio subito, poiché il danneggiato è stato privato del veicolo per un certo periodo di tempo. Oltre a ciò, l’autoveicolo sarebbe, anche durante la sosta forzata, una fonte di spesa per il proprietario (tenuto a sostenere gli oneri per la tassa di circolazione e il premio di assicurazione), oltre che soggetto a un naturale deprezzamento di valore. Un orientamento recente e ormai prevalente, sostiene invece che il danno da fermo tecnico del veicolo incidentato debba essere allegato e dimostrato e che la relativa prova non possa avere ad oggetto la mera indisponibilità del veicolo.
Dunque, il danno da fermo tecnico dovrà sostanziarsi o nella dimostrazione concreta della spesa sostenuta per procacciarsi un mezzo sostitutivo (danno emergente), oppure nella dimostrazione della perdita dell’utilità economica derivante dalla rinuncia forzata ai proventi ricavabili dal suo uso (lucro cessante).
Infine, la Cassazione ha ritenuto insussistente il riferimento a un automatico deprezzamento del veicolo dovuto al fermo, in quanto ha considerato il deprezzamento una conseguenza del sinistro e non della successiva sosta tecnica, la quale, al contrario, potrebbe far recuperare valore al mezzo.
Quanto al pagamento del premio di assicurazione e della tassa di circolazione, l’orientamento tradizionale omette poi di considerare che il bollo di circolazione è ormai una tassa di possesso da pagarsi indipendentemente dall’utilizzo del mezzo, mentre la conseguenza economica negativa derivante dal pagamento del premio assicurativo (comunque non inutile, atteso che il veicolo potrebbe recare danno a terzi anche durante la sosta tecnica) potrebbe essere in concreto evitata dal danneggiato chiedendo la sospensione dell’efficacia della polizza.

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