La Corte dei Conti Sicilia si è occupata di stabilire la fondatezza o meno di una domanda di risarcimento di danno erariale a seguito di un presunto errore sanitario.

L’Azienda O.U.P., comunicava alla Procura presso la Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti Sicilia la possibile sussistenza di una ipotesi di danno erariale derivante dall’avvenuto pagamento a favore di una donna, della somma di Euro 32.500,00 per il danno dalla stessa subito nel corso di un intervento chirurgico, presso la stessa Azienda Ospedaliera, asseritamente riconducibile all’errore sanitario commesso dall’equipe medica intervenuta. In particolare, dalle indagini successivamente avviate dalla Procura erariale, era emerso che la paziente aveva subito una pancreasectomia distale per la presenza di una neoformazione individuata nel distretto anatomico del corpo – coda del pancreas, successivamente istologicamente qualificata come cistoadenoma, e che la stessa, dopo un decorso post operatorio regolare di nove giorni, veniva dimessa. Dopo tre giorni, però, la paziente veniva ricoverata ed operata d’urgenza presso il Presidio Ospedaliero di Partinico per la formazione di una emorragia nel cavo addominale, la cui origine veniva individuata nella rottura di un ramo collaterale dell’arteria splenica.

Dimessa dopo qualche giorno, la donna proseguiva la sua degenza presso l’Ospedale Cervello di Palermo per raccolta purulenta in sede pancreatica e peripancreatica.

La paziente, quindi, conveniva in giudizio l’Azienda O.G.P., al fine di vedere riconosciuto il proprio diritto al risarcimento dei danni subiti a seguito dell’intervento chirurgico a cui era stata sottoposta.

Il Tribunale di Palermo condannava l’Azienda Ospedaliera al pagamento della somma di Euro 32.500,00 a favore della paziente per il ristoro del danno dalla stessa subito nel corso dell’intervento di pancreasectomia distale, a cui era stata sottoposta, per errore commesso dalla equipe medica che si trovò ad operare, asseritamente consistente nella resezione accidentale della arteria splenica.

L’Azienda Ospedaliera provvedeva a liquidare l’importo in favore della paziente.

La Procura contabile ha ritenuto di ravvisare nella fattispecie de qua una ipotesi di danno erariale ed ha, invitato a dedurre sui fatti l’intera equipe medica presente in sala operatoria il giorno dell’intervento, ritenendo di convenire in giudizio unicamente i due medici titolari, mentre ha archiviato la posizione, di due giovani specializzandi ai quali ha riconosciuto una posizione meramente esecutiva e del tutto marginale.

Esiste nesso causale tra il danno subito dall’Ente Pubblico e la condotta dei medici?

Secondo la Procura l’emorragia sopravvenuta deve ricondursi ad un grossolano errore dell’equipe medica che ha concluso la pancreasectomia, consistito nelle resezione accidentale dell’arteria splenica. Le difese dei convenuti, evidenziando il lungo lasso temporale a distanza del quale è sopraggiunta l’emorragia, ritenendo che la resezione dovesse considerarsi, non già, come la conseguenza di un grossolano errore commesso in sala operatoria, bensì una conseguenza prevedibile ma non prevenibile dell’intervento, probabilmente dovuta ad una precoce caduta della escara o ad un precoce riassorbimento dei punti di sutura.

Ebbene, nelle ipotesi di danno indiretto come quella in esame, atteso che la sentenza civile non fa stato nel processo per responsabilità amministrativa, il giudice deve procedere ad una autonoma valutazione dei fatti prospettati alla luce dei principi che sorreggono il processo contabile, attraverso una scrupolosa valutazione, caso per caso, degli elementi concreti della fattispecie, al fine di addivenire alla valutazione di una eventuale sussistenza di un nesso eziologico tra il fatto – evento, così come prospettato ed il danno erariale contestato.

Nel caso in esame i fatti sono stati descritti dall’attore pubblico attraverso la ricostruzione operata dal Giudice civile che ha deciso sull’azione di risarcimento avanzata dalla paziente nei confronti dell’Azienda Ospedaliera.

La Procura contabile, nel suo atto introduttivo, ha affermato che “(…) l’attività medico – chirurgica espletata in occasione del primo intervento, come si evince dalla Relazione del dott. B. (ndr. Consulente di ufficio in sede civile), risulta inficiata da comportamenti censurabili a carico dei sanitari che la effettuarono, è stata chiaramente connotata la colpa grave per inescusabile negligenza ed imperizia, atteso che la lesione dell’arteria splenica denota una scarsa attenzione nell’esecuzione dell’operazione e si colloca in relazione di causa diretta con l’emorragia intraperitoneale (che ha richiesto un secondo intervento) con il danno funzionale e conseguente lesività a carattere permanente”, ed ha ritenuto che i medici abbiano commesso un grossolano errore tecnico, con violazione delle più comuni regole di perizia, prudenza e diligenza medica.

Ebbene, la Procura, aderendo alla tesi del giudice civile, ha ritenuto che l’emorragia manifestatasi dopo dodici giorni dall’intervento fosse riconducibile ad un errore tecnico commesso dai medici e, precisamente, alla resezione accidentale dell’arteria splenica nel corso dell’intervento di pancreasectomia distale. I consulenti di parte, hanno evidenziato, invece, che il sanguinamento tardivo deve essere considerato tra i possibili rischi derivanti dell’intervento di pancreasectomia, in quanto evento prevedibile, ma non prevenibile, successivo all’operazione.

L’evento prevedibile, ma non prevenibile può essere fonte di responsabilità?

Non sempre. Nel caso de quo, la Corte ha osservato che la resezione accidentale di un’arteria di consistente diametro, come è l’arteria splenica, essendo una tra le arterie più importanti dell’addome, non sarebbe potuta passare inosservata in sala operatoria ma avrebbe causato una emorragia immediata e consistente per la fuoriuscita rapida di sangue in sincronia con le pulsazioni cardiache, con conseguente immediata alterazione dei valori ematici della paziente fino anche al raggiungimento in breve tempo dell’evento infausto, in caso di mancato pronto intervento.

Ebbene, l’emorragia che ha costretto la paziente a subire un secondo intervento, deve considerarsi un evento prevedibile ma non prevenibile, dovuta ad un sanguinamento tardivo non ricollegabile ad alcun errore grossolano commesso in sala operatoria dai sanitari convenuti in giudizio.

Le risultanze della cartella clinica come fonte di prova.

Se i fatti trovano un riscontro obiettivo nelle risultanze della cartella clinica, secondo la Corte dei Conti, costituiscono fonte di prova, essendo tali le risultanze stesse, fino a querela di falso, limitatamente alle trascrizioni concernenti le attività espletate nel corso della terapia e del ricovero.

La Corte, infatti, con la sentenza n. 290 depositata il 29 marzo 2018, mostra di aderire all’orientamento della Cassazione espresso nella sentenza n. 25568 del 2011.

Alla luce delle su esposte argomentazioni, la domanda formulata dalla Procura erariale nei confronti dei sanitari convenuti non è stata ritenuta meritevole di accoglimento e, come tale, è stata essere respinta.

 

Avv. Maria Teresa De Luca

 

 

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