Ecco come deve essere determinata la quota del danno morale in relazione al complessivo danno biologico subito

“La determinazione della quota del “danno morale” del complessivo danno biologico non può che essere equitativa e deve tener conto di natura, entità, incidenza funzionale dei pregiudizi fisici subiti, della intensità del dolore risentito e delle privazioni che sono state sopportate durante la fase acuta della malattia e della convalescenza nonché di quelle che saranno prevedibilmente sopportate nella vita futura a causa della invalidità permanente, della età della vittima, della sua condizione fisica e delle sue abitudini esistenziali antecedenti al fatto dannoso, di ogni altro elemento suscettivo di incidenza.”
Questo è il concetto da tener presente quando si valuta il risarcimento da attribuire ad un soggetto che ha subito un illecito da sinistro stradale o altro, che non può che essere condiviso.
Ma vediamo di che caso si tratta.
E’ il caso di un soggetto che ha subito lesioni da sinistro stradale quantificate in 4% di IP e una IT di 5 giorni al 75%, 30 giorni al 50% e 30 giorni al 25%. Ergo un danno biologico quantificato nella misura di 5.648,51 €. Il Giudice dopo una lunga premessa e discussione del caso finisce con liquidare la quota di danno morale nella misura del 10% del danno biologico individuato correttamente dal ctu, ossia di € 564.
Mi viene da fare una riflessione a questo punto.
Se partiamo dal concetto dell’integralità del risarcimento e se consideriamo la sofferenza soggettiva una personalizzazione (tenendo conto della sentenza delle sez. Unite del 2008 che recitava che la “sofferenza morale è determinata dal non poter fare”) e volendo armonizzare il tutto col concetto che il risarcimento non può essere simbolico ma adeguato al caso concreto, non ci resta che definire il risarcimento stabilito dal giudice veramente simbolico e questo soprattutto per la lunga malattia subita dal soggetto leso e dalle sofferenze soggettive che rimarranno “nello” stesso per sempre a causa del postumo permanente che, tra l’altro, gli impedisce di svolgere le attività ricreative della propria vita (lesione della cuffia dei rotatori in soggetto Tennista).
La riflessione poggia soprattutto dalla constatazione dello squilibrio risarcitorio dell’invalidità temporanea (periodo di malattia – oltre 1200€) e quello della sofferenza psichica cronica legata al non poter fare più che va oltre la personalizzazione della componente dinamico-relazionale.
Insomma, si ritiene che la personalizzazione di una fattispecie talmente soggettiva non può essere un puro automatismo percentuale legato al danno biologico, ma deve nascere dalla constatazione specifica della sofferenza interiore del soggetto leso (possibile tramite test psicologici e una valutazione clinica approfondita), comunque slegata dall’entità del danno biologico anche se di esso conseguenza.

Dr. Carmelo Galipò
(Pres. Accademia della Medicina Legale)

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