Scotti (FIMMG): finanziamento SSN va fortemente riconsiderato. Aceti (Tdm): SSN è bene comune su cui investire

“Condividiamo la preoccupazione espressa da più parti in occasione dell’approvazione del DEF in Parlamento relativa al rapporto spesa sanitaria pubblica/PIL nel prossimo triennio. Se si prosegue in questa direzione la sanità italiana rischia di scivolare sotto il livello di guardia e si mettono a rischio i livelli essenziali di assistenza”. FIMMG e Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato si uniscono al grido d’allarme lanciato dall’Aula del Senato durante la discussione sul Documento di economia e finanza.
“Il livello della spesa sanitaria attuale è già largamente inferiore a quella di altri Paesi europei – sottolinea il segretario nazionale di FIMMG, Silvestro Scotti – il nostro SSN ha davanti a sé, inoltre, sfide non prorogabili come l’applicazione uniforme dei LEA, l’equità di accesso alle cure, il nuovo piano nazionale vaccini, i farmaci innovativi e la sanità digitale. Se ci sono margini di risparmio nel settore, derivanti da tagli a sprechi ancora esistenti, queste risorse devono essere interamente reinvestite nel Servizio Sanitario Nazionale – prosegue Scotti – e il finanziamento del SSN deve essere fortemente riconsiderato”.
“Il Servizio Sanitario Nazionale va rafforzato e rilanciato per rispondere meglio ai bisogni di salute dei cittadini, per contrastare le disuguaglianze che esistono nel nostro paese e per sostenere i redditi delle famiglie. E questo si deve fare aggredendo le inefficienze, reinvestendo nella sanità pubblica le risorse che si recuperano e sostenendo il SSN, che è un bene comune e quindi un investimento per il Paese, e non un costo” – dichiara Tonino Aceti, Coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva -. “La difficoltà di accesso e la rinuncia alle cure, le criticità crescenti delle Regioni nel garantire uniformemente i LEA, la spesa privata dei cittadini, l’accesso alla vera innovazione, la qualità e sicurezza delle cure e dei servizi, la cronicità e la non autosufficienza, sono questioni che non possono e non devono essere affrontate portando il rapporto spesa sanitaria pubblica/PIL al 6,4% e cioè sotto il livello di guardia del 6,5% individuato dall’OMS, superato il quale si intacca l’assistenza”

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