Per la Cassazione, in caso di dichiarazione annuale IVA omessa, il dolo specifico può essere desunto dall’entità del superamento della soglia di punibilità vigente

In qualità di legale rappresentante di una società, al fine di evadere l’IVA, aveva omesso di presentare la dichiarazione annuale relativa a tale imposta. Sulla base di tale motivazione l’uomo era stato condannato in primo grado ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 74/2000. Era invece stato assolto  per l’omessa dichiarazione IRES, concernente lo stesso periodo di imposta.

La pronuncia di primo grado era stata confermata anche in appello. Da qui il ricorso del contribuente per cassazione. In particolare, nel rivolgersi alla Suprema Corte, l’uomo lamentava, tra l’altro, vizi della motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo specifico.

A suo giudizio, infatti,  la Corte di appello aveva omesso di rispondere alle doglianze volte a sostenere  l’incolpevolezza o quanto più la negligenza del suo agire. Una condotta, in ogni caso, sicuramente non sollecitata dal fine di evadere le imposte.

Gli Ermellini, tuttavia, con la sentenza n. 53980/ 2018 hanno ritenuto inammissibile il motivo del ricorso, in quanto ripetitivo di doglianze già proposte.

I Giudici di Piazza Cavour hanno comunque rilevato che la Corte di appello aveva fornito sul punto una motivazione pienamente logica e coerente. Il Giudice a quo, infatti, aveva valorizzato dati oggettivi e dirimenti. Tra questi, il cospicuo ammontare della imposta evasa e la protrazione per oltre tre esercizi.

Pertanto era stato pienamente rispettato il principio giurisprudenziale secondo cui “la prova del dolo specifico di evasione, nel delitto di omessa dichiarazione, può essere desunta dall’entità del superamento della soglia di punibilità vigente, unitamente alla piena consapevolezza da parte del soggetto obbligato dell’ammontare della imposta dovuta”.

 

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