Gli imputati lamentavano la violazione del diritto alla difesa effettiva per il mancato rinvio dell’udienza di appello richiesto dal legale difensore tramite Posta elettronica certificata

Con la sentenza n. 43184/2018, la Cassazione si è pronunciata sul ricorso di due soggetti condannati in sede di merito per concorso in abuso edilizio. Gli imputati lamentavano, in particolare, una violazione del diritto alla difesa effettiva.

Nello specifico il loro avvocato difensore aveva inviato alla cancelleria della Corte territoriale una richiesta di rinvio dell’udienza tramite Pec (Posta elettronica certificata). La domanda era motivata dall’adesione del legale all’astensione di categoria. Il Giudice di appello, tuttavia, aveva nominato un difensore di ufficio, procedendo alla decisione della causa.

Nell’annullare la sentenza per intervenuta prescrizione del reato, gli Ermellini hanno tuttavia evidenziato come il ricorso non risultasse ‘manifestamente infondato’.

Ciò in considerazione di un contrasto giurisprudenziale, all’interno della stessa Suprema Corte sull’uso della Pec per il deposito delle istanze.

Per una parte della giurisprudenza la richiesta di rinvio dell’udienza, tramite Posta elettronica certificata, per legittimo impedimento del difensore non è irricevibile né inammissibile. Tuttavia, comporta un dovere di diligenza del mittente di accertarsi della sottoposizione tempestiva dell’atto al giudice.

Non risulta però ben chiarito come e perché il professionista dovrebbe interferire con l’organizzazione giudiziaria per accertarsi dell’arrivo della Pec. La stessa, infatti, certifica automaticamente la ricezione al destinatario della e-mail. In tal modo – specifica la Cassazione – “si accolla al difensore un onere non previsto dalla legge e di difficile (se non impossibile) esecuzione”.

Inoltre, la posta elettronica certificata è stata considerata valida per la presentazione delle richieste, e delle memorie, delle parti nel procedimento di convalida del DASPO.

Un’altra parte della giurisprudenza, invece, esclude l’utilizzo della Pec per istanze di rinvio. Secondo tale orientamento, nel processo penale, alle parti private non è consentito effettuare comunicazioni, notificazioni ed istanze mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata. Allo stesso modo questa linea interpretativa esclude la presentazione di memorie nel giudizio di legittimità o di impugnazioni cautelari, anche da parte del P.M.

 

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