Non è stato riconosciuto alcun risarcimento al dipendente pubblico in causa contro il Ministero della Giustizia, per le patologie conseguenti ai carichi di lavoro: prova giudicata insufficiente!

In giudizio grava sul dipendente l’onere di provare, con precisione, i fatti costitutivi del diritto, dimostrando la riconducibilità dell’infermità alle modalità di svolgimento delle mansioni inerenti alla qualifica rivestita

Il principio di diritto è stato ribadito dai giudici della Suprema Corte di Cassazione nella sentenza della sezione VI Civile, n. 61/2019.

La Corte d’appello di Napoli, aveva rigettato la domanda proposta da un dipendente del Ministero della Giustizia che chiedeva il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, di determinate infermità (artrosi mano destra; sindrome ansioso depressiva, artrosi e periartrite scapolo omerale destra e artrosi del gomito destro) e il conseguente accertamento del diritto alla corresponsione dell’equo indennizzo.

L’uomo era impiegato quale segretario assegnato alla III Sezione civile della Pretura di Napoli, poi alla IV e successivamente alla Sezione lavoro (ove svolgeva attività di assistenza magistrati udienza e relative verbalizzazioni, movimentazione di fascicoli con notevole sollecitazione muscolare delle braccia e del rachide vertebrale).

Cosicché il procedimento proseguiva in Cassazione.

Secondo i giudici della Cassazione il ricorso non è fondato.

La Corte di merito ha correttamente posto a carico della parte ricorrente l’onere di dedurre e dimostrare quali fossero le caratteristiche delle prestazioni di lavoro asseritamente causa delle lamentate affezioni.

È principio di diritto ormai consolidato quello per cui “In giudizio grava sul lavoratore l’onere di provare, con precisione, i fatti costitutivi del diritto dimostrando la riconducibilità dell’infermità alle modalità di svolgimento delle mansioni inerenti alla qualifica rivestita, non configurando, le mansioni inerenti alle qualifiche, un fatto notorio che non necessita di prova, atteso che esse sono variabili in dipendenza del concreto posto di lavoro, della sua localizzazione geografica, dei turni di servizio, dell’ambiente in generale, essendo assolutamente irrilevante che la controparte non abbia contestato, con la comparsa di costituzione in primo grado, le modalità della prestazione lavorativa allorquando dette modalità non siano state precisate.

Inoltre, nelle patologie aventi eziologia cd. multifattoriale, il nesso di causalità fra attività lavorativa ed evento, in assenza di un rischio specifico, non può essere oggetto di presunzioni di carattere astratto ed ipotetico, ma esige una dimostrazione, quanto meno in termini di probabilità, ancorata a concrete e specifiche situazioni di fatto, con riferimento alle mansioni svolte, alle condizioni di lavoro e alla durata e intensità dell’esposizione a rischio” (così Cass. Sez. U. n. 11353 del 17/06/2004 e successive conformi, tra cui Cass. n. 16778 del 17/07/2009).

L’azione proposta dal dipendente del Ministero della Giustizia, era al contrario, nella sua formulazione carente di tali elementi e pertanto il ricorso non poteva essere accolto perché manifestamente infondato.

La redazione giuridica

 

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