La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza assolutoria pronunciata dalla corte d’appello nei confronti di un dirigente medico in servizio presso il reparto di medicina legale, imputato del delitto di truffa aggravata e poi, assolto per insussistenza del fatto

L’accusa era quella di aver reiteratamente attestato un numero di ore lavorative superiore a quelle effettivamente svolte mediante artifizi e raggiri, consistiti nel timbrare il cartellino presso una struttura diversa da quella di assegnazione e allontanandosene subito dopo per svolgere incombenze private;

nell’aver omesso la timbratura del cartellino in uscita quando si allontanava in assenza di autorizzazione; ed infine, nell’aver sottoscritto autocertificazioni – che dovevano giustificare l’omessa timbratura- contenenti dati inveritieri, inducendo così in errore l’azienda sanitaria e procurandosi un ingiusto profitto in danno della stessa.

Pur riconoscendo la materiale sussistenza delle condotte ascritte, documentate anche mediante riprese video dalla Pg operante, la Corte territoriale aveva ritenuto, tuttavia, insussistente l’elemento costitutivo del danno per la P.A. in quanto, “non era stato possibile individuare il danno patrimoniale effettivamente subito dall’amministrazione, atteso che le ore di lavoro eccedenti…e pur artificiosamente fatte figurare mediante utilizzo illecito della timbratura con cartellino marcatempo, non erano suscettibili di essere retribuite all’imputato”.

La sentenza è stata impugnata dal Procuratore Generale della Corte d’appello per errata applicazione dell’art. 640 c.p.

Ed invero, a detta del Pm, nel caso di specie, doveva ritenersi “sussistente una deminutio patrimoni dell’azienda sanitaria, economicamente valutabile, in quanto l’imputato, attraverso le reiterate assenza dal lavoro mediante l’utilizzo illecito del cartellino marcatempo, aveva accumulato un complessivo e in parte, fittizio credito orario che, nonostante fosse insuscettibile di essere retribuito, attesa la qualità di dirigente medico dell’imputato, poteva però essere recuperato mediante il meccanismo della compensazione, cagionando in tal modo un danno patrimoniale alla PA, correlato cioè alla mancata presenza nel presidio lavorativo del dipendente e alle ricadute sull’efficiente organizzazione dell’attività sanitaria ed amministrativa della struttura cui era preposto”.

La Corte di Cassazione (sentenza n. 29628/2019) ha accolto il ricorso perché fondato.

La giurisprudenza di legittimità, al riguardo, ha affermato che “la funzione dei cartellini segnatempo (o dei corrispondenti strumenti o procedure di attestazione degli stessi dati, quali, ad esempio, i fogli di presenza) di costituire prova della continuativa presenza del dipendente sul luogo di lavoro nel tempo compreso tra l’ora di ingresso e quella di uscita, fa sì che integri il reato di truffa aggravata la condotta del pubblico dipendente che si allontani temporaneamente dal luogo di lavoro senza far risultare, mediante timbratura del cartellino o della scheda magnetica, i periodi di assenza, sempre che questi, conglobati nell’arco del periodo retributivo, siano da considerare economicamente apprezzabili“(Cass., Sez. 2, 16 marzo 2004, n. 34210).

Peraltro, recentemente, la Suprema Corte ha segnalato che la falsa attestazione del pubblico dipendente relativa alla sua presenza in ufficio, riportata sui cartellini marcatempo o nei fogli di presenza, integri il reato di truffa aggravata anche a prescindere dal danno economico corrispondente alla retribuzione erogata per una prestazione lavorativa inferiore a quella dovuta, incidendo sull’organizzazione dell’ente, mediante la arbitraria modifica degli orari prestabiliti di presenza in ufficio, e compromettendo gravemente il rapporto fiduciario che deve legare l’ente al suo dipendente (Sez. 2, n. 3262 del 30/11/2018).

Assenteismo e truffa contrattuale

In tal senso la Corte di Cassazione ha inteso valorizzare le ricadute pregiudizievoli, quantunque di non agevole stima, che il fenomeno dell’assenteismo provoca all’organizzazione del servizio e all’efficienza delle prestazioni richieste al dipendente pubblico.

Peraltro, in tema di truffa contrattuale, la stessa giurisprudenza di legittimità ha da tempo, chiarito che il danno patrimoniale non è necessariamente costituito dalla perdita economica di un bene subita dal soggetto passivo, ma può consistere anche nel mancato acquisto di un’utilità economica che quest’ultimo si riprometta di conseguire in conformità alle false prospettazioni dell’agente, dal quale sia tratto in errore e, se non può essere configurato dalla violazione di una mera aspettativa fondata su una astratta situazione giuridica ipotizzata dalla legge, è tuttavia integrato quando l’aspettativa sia divenuta concreta e dia luogo al sorgere di un interesse munito di tutela giuridica, avente contenuto patrimoniale (Sez. 2, n. 34722 del 14/05/2014).

Inoltre, il danno, nel delitto di truffa, può essere realizzato non soltanto per effetto di una condotta commissiva della vittima (quale un atto di disposizione patrimoniale, compiuto a causa dell’errore ingenerato dagli artifizi o raggiri e consistente nel trasferimento di un bene o di un diritto dal patrimonio proprio a quello altrui), ma anche per effetto di una condotta omissiva, nel senso che la vittima, per effetto dell’errore cui l’ha indotta l’agente, ometta il comportamento inteso a fare acquisire al proprio patrimonio una concreta utilità economica,alla quale essa ha diritto e che rimane invece acquisita al patrimonio altrui (Sez. 2, n. 5465 del 23/02/1972).

In tema di dirigenza medica, si è anche detto che l’art. 60 del c.c.n.l. dirigenza medica e veterinaria del 3 novembre 2005, lascia ferma l’esclusione del diritto del dirigente ad essere compensato per lavoro straordinario, senza che sia possibile la distinzione tra il superamento dell’orario di lavoro preordinato al raggiungimento dei risultati assegnati e quello imposto da esigenze del servizio ordinario, poiché la sua prestazione deve essere svolta complessivamente al fine di conseguire gli obiettivi propri ed immancabili dell’incarico affidatogli (Sez. L, Ordinanza n. 28787 del 30/11/2017).

La decisione

Tuttavia, la decisione della Corte d’appello risultava erronea nella parte in cui aveva ritenuto che le ore eccedenti quelle effettivamente prestate e attestate fraudolentemente mediante l’illecito utilizzo del cartellino marcatempo non fossero comunque retribuibili, con conseguente impossibilità di configurare un danno a carico dell’azienda sanitaria.

In tale giudizio non aveva valutato il danno, che il predetto meccanismo fraudolento al sistema dei recuperi orari aveva arrecato un danno immediato e diretto (e non soltanto ipotetico ed eventuale) per la P.A., conseguente alla mancata prestazione di servizio del dipendente pubblico, solo apparentemente lecita.

Ai recuperi orari doveva essere, pertanto, riconosciuta una deteriore incidenza economica sulla P.A., privata delle prestazioni lavorative – anche di carattere organizzativo – cui il dipendente era tenuto, dal contenuto indiscutibilmente patrimoniale, con ricadute anche sulla continuità ed efficienza del servizio.

Per questi motivi, la sentenza impugnata è stata annullata con rinvio alla corte d’appello per un nuovo giudizio.

La redazione giuridica

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