Una sentenza della Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti in merito al diritto alla salute e al diritto di autodeterminazione

Quando si parla di responsabilità medica e risarcimento dei danni è di fondamentale importanza comprendere che diritto alla salute e diritto di autodeterminazione sono due questioni diverse.
Ne consegue che, quando si agisce per il risarcimento da lesione dell’uno, domandare in causa il risarcimento anche per la lesione dell’altro costituisce mutatio libelli.
A dirlo è la Corte di Cassazione nella sentenza numero 24072/2017.
Con tale pronuncia, i giudici hanno fornito delle importanti precisazioni.
Infatti, da un lato, la responsabilità da lesione alla salute può configurarsi anche se sussiste il consenso consapevole laddove la prestazione terapeutica sia stata eseguita inadeguatamente.

Dall’altro, se il diritto all’autodeterminazione è stato leso, non necessariamente deve ritenersi lesa anche la salute del paziente qualora l’intervento, eseguito in carenza di consenso, abbia dato esito positivo.

Ne consegue, pertanto, un aspetto estremamente importante sul piano processuale.
Se il paziente agisce in giudizio per chiedere il risarcimento del danno da colpa medica, come nel caso di specie, a causa di un errore nell’esecuzione dell’intervento chirurgico, la eventuale domanda di risarcimento – per un danno causato dall’inadempimento del dovere di informazione del medico – non può essere considerata una semplice emendatio.
Essa, nel caso di specie, rappresenta una vera e propria mutatio libelli.
In questo modo, infatti, il paziente introduce nel processo un nuovo tema di indagine.
Quest’ultimo, diventa quindi idoneo ad alterare in modo sostanziale i termini della controversia. Non solo: tale aspetto, mette in campo una pretesa differente rispetto a quella che era stata fatta valere in precedenza.
Nel caso di specie, preso in esame dalla Cassazione, la sentenza impugnata, che si confrontava con un’ipotesi analoga a questa appena prospettata, aveva stabilito l’inammissibilità per tardività dell’allegazione relativa al difetto di consenso informato fatta dal paziente.
Alla luce di quanto enunciato finora, per la Cassazione – nonostante le doglianze del ricorrente – essa risulta esente da censura.
 
 
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