Per il tribunale di Roma spetta il doppio risarcimento a chi lascia la propria abitazione per la paura che essa crolli (il doppio del danno conseguenza dimostrato)

Un doppio risarcimento per raggiungere un equo risarcimento. Il Tribunale di Roma, in composizione monocratica, in persona del giudice Fabrizio Gandini, con la sentenza n. 4202, pubblicata il 27/02/2018, si è occupato di una richiesta di risarcimento danno avanzata da alcune famiglie, costrette a lasciare la propria abitazione temendo per la propria incolumità, dopo che una voragine si è aperta in strada a due passi dall’edificio dove le stesse famiglie vivevano.

Si tratta certamente di una sentenza che torna di drammatica attualità dopo il crollo del ponte Morandi a Genova e il cedimento del tetto chiesa di San Giuseppe dei Falegnami, nel centro storico di Roma, ma le cui statuizioni potrebbero tranquillamente applicarsi alle centinaia di eventi simili che accadono quotidianamente nel nostro Paese.

Il fatto.

Alcune famiglie si rivolgono al Tribunale chiedendo il risarcimento sia del danno patrimoniale consistito nelle spese sostenute per le unità immobiliari non godute per effetto della condotta tenuta dalle parti convenute (utenze, canone RAI, smaltimento rifiuti, spese condominiali), oltre che le spese sostenute per la locazione di un alloggio diverso, che di quello non patrimoniale. Gli attori avevano lasciato le loro abitazioni a causa di una profonda voragine che si era aperta in prossimità dell’edificio dove vivevano.

Qualche giorno dopo l’accaduto il Centro ricerche speleo archeologiche, predispone una relazione laddove tra l’altro si legge: “potrebbero sussistere situazioni di rischio per gli edifici limitrofi alla voragine. Si consiglia una consulenza di un ingegnere strutturista” ed il giorno successivo intervenivano sul posto i vigili del fuoco. Nel rapporto di intervento ritenevano un “sensibile peggioramento della situazione rilevata allorché si era aperta la voragine. Successivamente interveniva sul posto anche la Commissione per la verifica delle condizioni statiche degli edifici che, pur rilevando la necessità di una “indagine approfondita ed accurata finalizzata alla verifica della stabilità delle gallerie”, riteneva che “da un esame a vista, esterno ai fabbricati adiacenti alla cavità (..) gli immobili a ridosso della sede stradale, non mostrando segni evidenti di sofferenza statica, restano agibili”. Seguiva il ricorso ex art.700 c.p.c. depositato dagli attori e nell’ambito di questo procedimento veniva disposta ed espletata una CTU, che così concludeva: “Gli inconvenienti lamentati (…) sono essenzialmente costituiti dalla difficoltà di accesso alle unità immobiliari, non si rilevano danni all’immobile o segni di sofferenza delle strutture del fabbricato, né si ha ragione di credere che nell’immediato e in situazioni ordinarie vi sia pericolo di crolli”.

La domanda risarcitoria.

Il Tribunale per l’esame della richiesta di risarcimento distingue due periodi. Un primo periodo, dal crollo (4 febbraio 2010) fino al deposito della relazione scritta del CTU (12 novembre 2010), durante il quale sussisteva una oggettiva incertezza sulle condizioni di stabilità del fabbricato e nonostante le conclusioni rassicuranti della Commissione per la verifica delle condizioni statiche degli edifici, erano indispensabili ulteriori accertamenti, compiuti solo in sede di CTU. Un secondo periodo, va dalla relazione scritta del CTU (12 novembre 2010) in poi, durante il quale la situazione di pericolo veniva esclusa con ragionevole certezza.

Dalla valutazione complessiva delle conclusioni e delle argomentazioni del CTU, il giudice ha ritenuto che tali connotazioni del pericolo possano essere interpretate nel senso che l’unico pericolo per la stabilità del fabbricato poteva essere determinato solo da eventi “eccezionali”, quali gli eventi sismici.

Del resto, è pacifico in causa che le abitazioni degli attori siano sempre rimaste agibili, non essendo intervenuto alcun provvedimento in tal senso da parte della pubblica amministrazione.

In sintesi, osserva il Tribunale che per effetto del crollo le parti attrici non sono state costrette, per effetto di un provvedimento della P.A., a cercare una nuova abitazione. Piuttosto, come risulta dalla prospettazione complessiva dell’atto di citazione, hanno proceduto in tal senso temendo per la propria incolumità.

Ritiene però il giudice che, fermo restando la umana comprensione della vicenda, almeno a far tempo dal 12 novembre 2010 tale timore fosse soggettivo, e non oggettivo e pertanto, non può ritenersi che i danni patrimoniali asseritamente patiti dal 12 novembre 2010 siano conseguenza immediata e diretta (artt.1223 e 2056 c.c.) della condotta colposa delle parti convenute.

Al contrario il Tribunale ritiene siano risarcibili i danni patrimoniali per il periodo dal crollo (4 febbraio 2010) al deposito della relazione scritta del CTU (12 novembre 2010).

L’attribuzione della responsabilità.

Quanto alla attribuzione della responsabilità, osserva il giudice che il CTU non è stato in grado di accertare la specifica causa del crollo: “lo scrivente non è in condizione di stabilire se il crollo sia conseguenza diretta di una recente rottura della condotta idrica a pressione o se viceversa la rottura della conduttura sia stata causata dall’apertura della voragine

Quindi, venendo in considerazione un (più probabile che non) difetto di manutenzione della rete idrica, deve ritenersi provato il fatto colposo del soggetto preposto alla manutenzione della rete idrica, ai sensi dell’art. 20 della Convenzione per l’affidamento del servizio idrico integrato. Né osserva il giudice le parti convenute hanno mai specificamente contestato l’allegazione degli attori che già nel mese di agosto del 2009 era stata segnalata ad A. s.p.a. la necessità di effettuare un sopralluogo, stante la perdita d’acqua

Per ciò che attiene la responsabilità del Comune ritiene il giudice che la presenza di una cavità sotterranea sottostante la strada pubblica rendesse il luogo intrinsecamente pericoloso, e peraltro in modo occulto. Tanto vale a fondare la responsabilità del Comune ex art.2051 c.c. e, ai sensi dell’art. 2055 co.1 e 3 c.c., deve pertanto ritenersi la responsabilità concorrente e solidale delle parti convenute.

Rigetta, inoltre, la domanda di manleva proposta dal Comune nei confronti di A. spa., in virtù del fatto che l’Ente non risponde per il fatto del manutentore della rete idrica, ma autonomamente ex art.2051 c.c.. Per quanto concerne la liquidazione del danno patrimoniale, il Tribunale ritiene conseguenza immediata e diretta della condotta colposa delle parti convenute solo quelli patiti e documentati per il periodo dal 4 febbraio 2010 al 12 novembre 2010 e per l’effetto condanna le parti convenute, in via solidale tra loro, al pagamento in favore di ciascuno degli attori delle somme pagate a titolo di canone di locazione, utenze, quota parte delle spese condominiali, smaltimento rifiuti e canone Rai, così come risultante dalla documentazione prodotta in giudizio da ciascuno degli attori. Oltre agli interessi legali dalla pronuncia della sentenza al saldo effettivo.

Il risarcimento del danno non patrimoniale.

Per ciò che attiene le domande relative al risarcimento del danno non patrimoniale, osserva il giudice che secondo il diritto vivente la categoria, che attiene alla lesione di interessi inerenti alla persona non connotati da valore di scambio, presenta natura composita, articolandosi in una serie di voci aventi funzione meramente descrittiva, quali il danno morale, identificabile nel paterna d’animo o sofferenza interiore subiti dalla vittima dell’illecito ovvero nella lesione arrecata alla dignità o integrità morale, quale massima espressione della dignità umana, quello biologico, inteso come lesione del bene salute, e quello esistenziale, costituito dallo sconvolgimento delle abitudini di vita del soggetto danneggiato.

Nel caso de quo le parti attrici chiedono il risarcimento del danno morale e del danno esistenziale.

Il danno conseguenza e il doppio risarcimento.

Il Tribunale ritiene provata la sussistenza del danno conseguenza, sotto il profilo del patema d’animo e del cambiamento delle abitudini di vita, in quanto l’incertezza sulla stabilità del fabbricato, e sul pericolo del crollo dello stesso, ha determinato gli attori a traslocare in altro luogo.

E ciò determina, secondo l’id quod plerumque accidit, un radicale mutamento delle abitudini di vita.

Inoltre, secondo il giudice tale situazione, anche in considerazione della entità della voragine, ha ingenerato negli attori paura e sofferenza.

Dovendo procedersi ad una valutazione equitativa del danno non patrimoniale, il giudice ritiene che il parametro di riferimento possa essere costituito dalla somma già liquidata, per ciascuno degli attori, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale. Il motivo di tanto è che la somma è parametrata al periodo di tempo per il quale può ritenersi che il danno conseguenza discenda immediatamente e direttamente delle condotte colpose tenute dalle parti convenute.

  1. Per tutti questi motivi deve dichiararsi il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale patito dagli attori, limitatamente al periodo dal 4 febbraio 2010 a 12 novembre 2010. Per l’effetto le parti convenute devono essere condannate –in via solidale tra loro- al pagamento in favore di ciascuno degli attori delle medesime somme di danaro già liquidate a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale. Con gli interessi legali sulle somme via a via rivalutate secondo indici annuali ISTAT dal 12 novembre 2010 alla pronuncia della sentenza e gli interessi legali dalla pronuncia della sentenza al saldo effettivo.

Il Tribunale di Roma, ha quindi dichiarato il diritto al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale patito dagli attori, limitatamente al periodo dal 4 febbraio 2010 a 12 novembre 2010 e, per l’effetto ha condannato le parti convenute, in via solidale tra loro: a) a titolo di risarcimento del danno patrimoniale, al pagamento in favore di ciascuno degli attori delle somme pagate a titolo di canone di locazione, utenze, quota parte delle spese condominiali, smaltimento rifiuti e canone Rai, così come risultante dalla documentazione prodotta in giudizio da ciascuno degli attori, oltre agli interessi legali dalla pronuncia della sentenza al saldo effettivo; b) a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, al pagamento in favore di ciascuno degli attori delle medesime somme liquidate sub a), oltre agli interessi legali sulle somme via a via rivalutate secondo indici annuali ISTAT dal 12 novembre 2010 alla pronuncia della sentenza e gli interessi legali dalla pronuncia della sentenza al saldo effettivo rigetta ogni altra domanda ed ha condannato le parti convenute, in via solidale tra loro, al rimborso delle spese di lite sostenute dagli attori.

Avv. Maria Teresa De Luca

 

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