I DURC sono attestazioni di scienza e non atti autoritativi né negoziali produttivi di effetti propri

All’impresa ricorrente in giudizio era stato negato il DURC da parte dell’ente nazionale di previdenza per una mera irregolarità formale nella quantificazione del contributo dovuto. Dall’accertamento compiuto in tal senso era emerso uno scostamento di soli 285 euro eppure senza il rilascio di quella dichiarazione, non avrebbe potuto partecipare alle gare pubbliche.
Ci si domanda dunque, se l’Inps può negare il DURC all’impresa richiedente solo sulla base di presunte inadempienze contributive, per il cui accertamento quest’ultima è già in causa.
Per il Tribunale ordinario di Roma, la risposta non può che essere negativa.
Ed invero, l’art. 3 comma 2, lett. d) e e) del DM 30 gennaio 2005 sembra confermare tale assunto affermando in linea di principio, che l’Inps può rilevare in sede di procedura DURC solo inadempienze che abbia già formalmente accertato e comunicato, senza che il contribuente abbia a ciò tempestivamente reagito con i rimedi amministrativi e giurisdizionali.
Una diversa interpretazione del sistema integrerebbe un chiaro aggiramento del principio, per cui il DURC non può essere negato nemmeno per una inadempienza contributiva sostanziale, se questa è controversa in sede di contenzioso amministrativo o giudiziario; cosa che implica che al contribuente deve essere stata data la possibilità di contestarla.
Allo stesso modo, neppure condivisibile sarebbe il ragionamento contrario, che ammetterebbe alle imprese la possibilità di imporre all’Inps il rilascio del DURC di fonte al più fondato degli accertamenti di inadempienza contributiva gravissima, semplicemente proponendo il più pretestuoso dei ricorsi amministrativi, per poi impugnarne l’esito, fino al passaggio in giudicato della sentenza.

La soluzione, perciò, come sempre sta nel mezzo “in medio stat virtus”.

Ed infatti, il sistema normativo italiano mostra l’intento di perseguire un bilanciamento tra la necessità di accertamento immediato della situazione contributiva dell’impresa e la necessità che il contribuente non si veda negare il DURC per inadempienze inesistenti, dando per esistenti solo le violazioni già accertate e comunicate alla data della richiesta (nella quale la situazione viene per usare le parole utilizzate dalla difesa dell’Inps “fotografata”) o risultanti come tali da autodichiarazioni, con atti contro i quali il contribuente non abbia a quella data azionati i rimedi.
Anche alla luce di tale ricostruzione complessiva del sistema, per il Tribunale di Roma, negare il DURC solo perché il contribuente non è stato in grado in 15 giorni di mettere capo ad una incongruenza intrinseca di qualche denuncia contributiva, oltre ad apparire illegittimo per mancanza di fondamento normativo appare, anche contraddittorio ed irriconducibile a qualunque riconoscibile canone di razionalità/ragionevolezza.
E comunque, dal momento che l’Inps aveva ritenuto necessario verificare che il contributo dovuto era superiore a quello dichiarato, si sarebbe dovuta limitare a emettere un verbale di accertamento o una nota di rettifica che avrebbero potuto essere impugnati in sede amministrativa o giurisdizionale con effetto impeditivo del mancato rilascio DURC e non al contrario, rifiutare tale dichiarazione.
In altri termini, per il giudice capitolino è totalmente arbitrario equiparare il diniego di rilascio DURC a chi abbia omesso una denuncia contributiva dovuta, a chi invece, tale denuncia l’abbia presentata, ma risulti viziata da errore nella quantificazione del contributo dovuto, reso di per sé evidente da una sfasatura tra parziali e totali, non potendo in quest’ultimo caso parlarsi di denuncia infedele.
I DURC – conclude – sono attestazioni di scienza e non atti autoritativi né negoziali produttivi di effetti propri sicché applicare ad essi la categoria dell’annullabilità non alcun senso.
Per tali la domanda dell’impresa ricorrente è stata accolta in primo grado.

La redazione giuridica

 
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