Per la contestazione del delitto di stalking, non è necessario che il capo di imputazione rechi la precisa indicazione del luogo e della data di ogni singolo episodio

Nel 2016 la Corte d’appello di Napoli, sezione per i minorenni, confermava la decisione di condanna, pronunciata in primo grado, a carico di quattro minorenni ritenuti responsabili del delitto di stalking, commesso ai danni di un coetaneo, dichiarando assorbito in quest’ultimo, il reato di ingiuria

Nell’interesse degli imputati era stato proposto ricorso per cassazione. Ebbene, la difesa dei quattro minorenni lamentava, tra gli altri motivi, la violazione di legge, in relazione alla ritenuta sussistenza dell’elemento oggettivo e soggettivo del reato di cui all’art. 612-bis c.p., sottolineando l’assenza di dimostrazione della serialità delle condotte e del verificarsi dell’evento di danno richiesto dalla fattispecie incriminatrice; nonché l’ulteriore violazione di legge, in relazione all’intervenuta abrogazione del delitto di ingiuria, ritenuto assorbito nel più grave reato di cui all’art. 612-bis c.p. dal primo giudice e, poi confermata, in epoca successiva all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 7 del 2016, dalla sentenza impugnata.

Ma il ricorso è stato dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza.

La vicenda è stata definita dai giudici della Quinta Sezione Penale della Cassazione (sentenza n. 28623/2017) i quali hanno innanzitutto, ribadito che “ai fini della rituale contestazione del delitto di cui all’art. 612-bis c.p. – che ha natura di reato abituale -, non si richiede che il capo di imputazione rechi la precisa indicazione del luogo e della data di ogni singolo episodio nel quale si sia concretato il compimento degli atti persecutori, essendo sufficiente a consentire un’adeguata difesa la descrizione in sequenza dei comportamenti tenuti, la loro collocazione temporale di massima e gli effetti derivatine alla persona offesa” (Sez. 5, n. 7544 del 25/10/2012).

Nel caso di specie, sin dalla pronuncia di primo grado, era stato ritenuto assorbito nella fattispecie dello stalking, il reato di ingiuria, considerato come privo di autonomia giuridica, in quanto tradottosi in comportamenti costituenti un mero frammento delle condotte persecutorie.

Tale ragionamento è stato condiviso dai giudici Ermellini, i quali hanno affermato che “l’assorbimento dei fatti di ingiuria nel più ampio contesto degli atti persecutori non presuppone affatto il riconoscimento della sussistenza della penale illiceità dei primi, ma piuttosto, l’individuazione delle condotte offensive come frammento obiettivo della fattispecie ritenuta”.

Nella stessa sentenza, la Corte di Cassazione ha anche ribadito che “le regole dettate dall’art. 192 c.p.p., comma 3, non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto” (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012).

Il delitto di atti persecutori

Quanto, invece, alla verificazione dell’evento richiesto dalla norma penale, ha altresì aggiunto “che la prova della causazione nella persona offesa di un grave e perdurante stato di ansia o di paura, deve essere ancorata ad elementi sintomatici di tale turbamento psicologico ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall’agente ed anche da quest’ultima, considerando tanto la sua astratta idoneità a causare l’evento, quanto il suo profilo concreto in riferimento alle effettive condizioni di luogo e di tempo in cui è stata consumata (Sez. 6, n. 50746 del 14/10/2014)”.

Ebbene, nel caso di specie, il minore offeso aveva dichiarato di essere ormai diventato succube della violenza e aveva dovuto accettare condotte di sopraffazione “per evitare altre botte”.

Tale passaggio è stato ritenuto significativo per l’affermazione della penale responsabilità dei quattro imputati.

Il ricorso è stato perciò dichiarato inammissibile; confermata, invece, la sentenza di condanna.

La redazione giuridica

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