Il 50% dei medici italiani sarebbe in ritardo con le prescrizioni in tema di formazione obbligatoria. L’allarme è stato lanciato da Consulcesi sulla base di quanto affermato dal presidente della Fnomceo, Roberta Chersevani, in un videomessaggio che ha aperto la tavola rotonda “Formazione medica senza barriere”, tenutasi ieri a Roma presso il Ministero della Salute e promossa dalla stessa Consulcesi.

Secondo Consulcesi, per ovviare a questa situazione sarebbe opportuno migliorare per tutti i professionisti della salute la semplicità e l’immediatezza di fruizione dell’Educazione continua dei medici, Ecm. L’ultima frontiera, è stato ricordato, è il cosiddetto “Film Formazione”, una sorta di “Netflix della formazione”, con contenuti fruibili e disponibili on demand e gratuitamente per tutti i medici. Il primo lavoro messo a disposizione è stato “e-bola”, seguito da “Like a Butterfly”, dedicato al tema del carcinoma polmonare.

Consulcesi ha anche condotto un sondaggio tra i camici bianchi per mettere in evidenza aspettative e criticità in tema di formazione: un primo dato che salta agli occhi è che l’82% dei sanitari italiani considera  la formazione professionale “importante”, ma ritiene che siano “troppe le difficoltà da superare per i 50 crediti annuali obbligatori”. Il motivo principale è che, secondo il 51% degli intervistati,  sarebbero troppo poche le occasioni concesse dalle diverse strutture sanitarie e associazioni sindacali per dedicarsi all’aggiornamento professionale.

Forse anche per questo motivo, tra i corsi più seguiti risultano esserci quelli multimediali (slide, video ed esercitazioni): ben l’84% del campione ha infatti dichiarato di preferire complessivamente una formazione multimediale interattiva.

Durante la tavola rotonda al ministero della Salute, la Consulcesi ha colto l’occasione per lanciare il progetto dell’Osservatorio internazionale della Salute (Ois) “Sanità in Formazione”. Il progetto, che è sostenuto da Consulcesi Onlus ed è stato realizzato in collaborazione con le istituzioni italiane e internazionali, si propone di unire le attività di ricerca con il servizio sanitario messo a disposizione di chi è appena giunto nei nostri confini.

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