Lo ha dimostrato uno studio tutto italiano condotto in 11 centri coordinati dall’AOU di Padova

“Riformulazione di nuove linee guida nazionali ed internazionali che prevedano la ricerca dell’Embolia Polmonare (EP) in tutti in pazienti che vengono ricoverati con un episodio di sincope”. E’ quanto prospetta il Prof. Paolo Pandoni dell’Azienda Ospedaliera-Università di Padova, direttore del Centro Coagulopatie e autore principale di una scoperta scientifica pubblicata dalla prestigiosa rivista The New England Journal of Medicine, che apre uno scenario completamente nuovo nel panorama diagnostico della sincope.

L’embolia polmonare è la terza malattia cardiovascolare in ordine di frequenza. In Europa sono circa 370.000 i decessi legati all’EP ogni anno. La precocità della diagnosi e della terapia ne riduce la mortalità del 75%. La sincope è una perdita di coscienza transitoria a rapida insorgenza, di breve durata e con risoluzione spontanea e completa. È responsabile del 3% di tutti gli accessi al Pronto Soccorso e dell’1% di tutti i ricoveri ospedalieri. Abitualmente avviene per cause banali e facilmente riconoscibili e tende a ripetersi anche più volte l’anno in soggetti predisposti. I casi di sincope vengono per lo più gestiti su base ambulatoriale, e se anche – come spesso accade – i pazienti si recano ad un Pronto Soccorso vengono rapidamente congedati. Solo una minoranza, oscillante tra 1/4 ed 1/3 di tutti i pazienti con sincope, viene ricoverata.

Benché sia noto che la sincope può essere provocata da una embolia polmonare EP (da sola od associata con trombosi venose profonde degli arti), non si conosceva prima di questo studio la reale frequenza di EP in pazienti con sincope; per questo i medici raramente la sospettavano in questi pazienti. Allo scopo di stabilire la prevalenza di EP in pazienti ricoverati per sincope, è stato avviato uno studio multicentrico, prospettico in 11 centri italiani (Padova, Roma, Camposampiero, Livorno, Faenza/Ravenna, Castelfranco V.to, Piacenza, Cosenza, Roma 2, Udine, Varese), che ha previsto l’impiego di un algoritmo diagnostico ben consolidato che accertasse o escludesse la presenza di EP nei 560 pazienti oggetto della ricerca, prescindendo dal fatto che fosse ipotizzabile oppure no una causa alternativa di sincope.

In 205 pazienti non c’era una spiegazione chiara della sincope ma grazie allo studio è stata riscontrata in 52 di loro l’embolia polmonare. Negli altri 355, i clinici erano convinti di aver trovato altra spiegazione alla sincope e non embolia polmonare; in 45 di loro è stata dimostrata invece l’embolia polmonare in atto. Entro le 48 ore dal ricovero in ben 97 pazienti è stata riscontrata l’EP – il 17.3% delle 560 persone oggetto della ricerca. L’embolia polmonare era grave in 61 pazienti e in 36 di più limitata entità. La precocità della diagnosi nei pazienti giunti al Pronto Soccorso ha consentito una tempestiva terapia salvavita.

In conclusione quando non esista altra spiegazione all’episodio sincopale, è ora dimostrata la frequenza di embolia polmonare, che sommata a quella già riconoscibile, diventa in 2/3 dei pazienti che afferiscono ai Pronti Soccorso, causa certa di sincope.

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